Vever<small></small>
Rock Internazionale • Songwriting • sperimentale, electro-folk, avant-folk

Laura Loriga Vever

2022 - Ears & Eyes Records

02/08/2022 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Laura Loriga#Rock Internazionale#Songwriting

È uscito in primavera il primo album da solista di Laura Loriga, raffinata cantautrice, pianista e compositrice originaria di Bologna, che ha pubblicato tre album con il progetto Mimes of Wine e da circa dieci anni si muove tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove ha vissuto a Los Angeles e poi a New York.

Paragonata a nomi come Julia Holter, di cui ricorda certi arrangiamenti irregolari dal fascino in qualche modo sospeso ed etereo, o ai Low, di cui può rammentare lo sperimentalismo, all’intensità di Sibylle Baier, a Marissa Nadler e Anna von Hausswolff (ma potremmo aggiungere altri termini di paragone, come l’ultima P. J. Harvey), Loriga ci regala un disco di grande eleganza, in cui suoni classici e orchestrali (vari tipi di organo, pianoforte, anche in fantasie virtuosistiche e preziose, viola, contrabbasso) si piegano a ritmi e melodie non convenzionali, che hanno qualcosa di sacrale e inquieto, oscuro e teso. Gli arrangiamenti possiedono infatti una bellezza che è insieme placida e misteriosa, ricca di classe, misurata, ma anche cupa, brumosa, talora quasi notturna. D’altronde il titolo stesso del disco allude in qualche modo a un andare oltre, a un contatto con il divino: la parola “vever”, infatti, tratta dal volume Divine Horsemen: The Living Gods of Haiti di Maya Deren, si riferisce nella tradizione di Haiti a disegni e scritte tracciati per terra per evocare durante le cerimonie il “loa”, lo spirito a cui ci si rivolge nel rituale. Si spiega nel comunicato: “Questi disegni sono sempre esattamente simmetrici, perché presuppongono uno scambio tra i vivi e la divinità che avviene come in uno specchio; ciò è anche connesso al fatto che quegli spiriti sono i reali antenati dei viventi, quindi sono stati a loro volta uomini e donne nel passato”: “Ho trovato questo molto interessante – spiega Loriga - e mi ha fatto pensare alla sovrapposizione di spazi, tempi, persone, alla mia stessa famiglia e a quanto sia importante tutto questo in un presente che cambia così velocemente.

Vever (for Barbara) è anche il titolo di cortometraggio sperimentale di Deborah Stratman, presentato in anteprima al Festival di Berlino del 2019, realizzato a partire da un found footage di Barbara Hammer, ispirato sempre agli studi della regista Deren, che si interessò alla cultura vudù e tra il 1946 e il 1954 la osservò in tre viaggi ad Haiti, collaborando con Joseph Campbell.


Il disco, insomma, in qualche modo si fa ponte da tempi e dimensioni, grazie anche alla “spooky house” dipinta da Ripley Whiteside per la copertina. E un’aura quasi stregata aleggia in Balmaha, che prende il nome da un villaggio che si affaccia sul più grande lago della Gran Bretagna, il maestoso Loch Lomond, nella Scozia meridionale (che ovviamente ha anche una sua leggenda legata a una misteriosa creatura, una specie di enorme coccodrillo). Di questa terra ricca di mistero sono evocati i colori, associati a un ricordo e a un addio; emerge infatti in Vever un rapporto con la natura che pure si ammanta di un alone indefinito e arcano, tra colline rosse, rose nere come il ricordo di una città bruciata (la delicata Black Rose, che musica una poesia di Zbigniew Herbert, a ulteriore conferma dello spessore culturale del disco) e l’alba, con il sole che sorge su tutte le cose perdute, a tracciare ancora una linea invisibile tra il tempo che scorre e il passato.


Tornando ai suoni, non mancano nel lavoro neanche chitarre evocative (come quella di Ofir Ganon che trafigge nostalgica e chirurgica in Balmaha, o le trame acustiche di Jaye Bartell in You Who Speaks), batterie spazzolate e altri strumenti come il dilruba indiano che contribuisce all’atmosfera enigmatica di Door Ajar.
La voce di Laura Loriga ha un calore al contempo vicino e lontano, avvolta com’è da un’aura potente di fascino: è una voce carismatica che incanta, mantenendo sempre un certo aplomb, come se svelasse qualcosa, eppure restasse, nel profondo, indecifrabile e distante come quella di una sacerdotessa, tra note di organo, oppure di mellotron (come nella bellissima, sospesa August Bells, con la chitarra elettrica di Ben Seretan). D’altronde comunque “God stays above”, canta la protagonista di You Who Speaks e tra leggende metropolitane, notti calde in cui ballare e storie di famiglia (Passes the Flame), la vita si mescola al pensiero della morte, con domande come “Who will walk here when we are all through?”, ma in un ciclo in qualche modo sereno e inevitabile, in cui si rinasce come il sole che rispunta ogni mattino a illuminare le vicende umane.

La cantautrice ci consegna in definitiva un album di evidente raffinatezza, bellezza e qualità, caratteristiche che a volte sembrano rare, ma solo se non si porge l’orecchio alla musica del presente che possa fregiarsi ancora del titolo di arte. È un disco ispirato che ammalia grazie anche al mix di Misja Van Den Burg, al contributo di musicisti come Otto Hauser (Michael Hurley, Cass McCombs, Kevin Ayers, Devendra Banhart) alla batteria, Ran Livneh al contrabbasso, Stefano Michelotti alla chitarra elettrica, nyckelharpa e dilruba, Anni Rossi alla viola e Josh Werner (Coco Rosie, Lee Scratch Perry, Marc Ribot) al basso elettrico, oppure grazie a ospiti come Janis Brenner (Meredith Monk & Vocal Ensemble, Janis Brenner and Dancers) e Gareth Dickson (Gareth Dickson, Vashti Bunyan), oltre a quelli già menzionati, ma soprattutto fondamentale è ovviamente che Loriga abbia uno stile riconoscibile, eppure in evoluzione, una classe sopraffina e un gusto musicale che fonde sobrietà, cura e passione.

Track List

  • Mimi
  • Door Ajar
  • Balmaha
  • Citizens
  • August Bells
  • Black Rose
  • You Who Speaks
  • Passes The Flame
  • The Sun Rises Where It Rises