
La Città di Notte La Città di Notte
2020 - Solid Music/Talk About Records & Goodfellas
Entriamo in questo strano night club, in cui si può ancora fumare, i camerieri vestono piastrone e frac, gli avventori hanno i capelli impomatati di brillantina e le signore esibiscono tubini neri aderenti alla Audrey Hepburn e un sorriso assassino, come in Cosa ne hai fatto di me; ci troviamo davanti una band con la giacca nera e l'aria apparentemente distratta, mentre ciascuno dei componenti osserva attento il mondo notturno attorno, con ironia, acutezza e un pizzico di rimpianto.
La bravura dei quattro sta tutta in questa magia, che essi sanno ricreare, sospesa fra un interno notte dalle tinte esplosive (si ascolti Buscaglione per credere), e un esterno più intimista e meditativo, da fine serata, come in St. John's, o in Solo, che evoca il migliore Sergio Caputo, un altro esperto cultore delle atmosfere swing e jazz, ma anche dell'inevitabile nostalgia che esse comportano.
Il brano che dà il titolo non solo all'album, ma anche al gruppo, è un'efficace sintesi dell'idea dell'arte, e forse anche della vita, che i musicisti possiedono; una Cagliari notturna e sospesa, vista dai finestrini di un'auto, che diventa una New York dell'anima, in cui le solitudini sparse prendono forma, e nel buio che mi inghiotte trovo la mia oscurità.
Ma non ci sono solo parole intense, fra le righe del pentagramma de La città di notte; ci sono suoni accurati, arrangiamenti ricchi ed evocativi, rapidi tocchi del piano di Schirru, mentre la linea ritmica di contrabbasso e batteria sottolineano sia i momenti più travolgenti, come in Vecchio Amico, sia quelli più à la Waits, come lo splendido brano che chiude il lavoro, un Gospel della fine del mondo, dal crescendo emozionante e che comunica forza e positività, nonostante tutto.
E sappiamo tutti quanto ne abbiamo bisogno...