Ortiche<small></small>
Italiana • Canzone d`autore

Kerouac Ortiche

2018 - Granita Records

15/11/2018 di Carlotta Garavaglia

#Kerouac#Italiana#Canzone d`autore

A parer mio, ascoltando l’album di cui sto per parlarvi, c’è da farsi una sola domanda, “dove abbiamo sbagliato?” O meglio “dove hanno sbagliato?”

Se un ragazzo cosi giovane come Kerouac, Giovanni Zampieri, ci racconta cosi tanta desolazione e sconforto evidentemente, nel mondo, c’è qualcosa che non va. E’ la riconferma che ci siamo caricati un eredità malsana che ahimè sta diventando sempre più pesante.

Andiamo con ordine, Kerouac il 16 febbraio 2018 ha pubblicato, per Granita Records e prodotto da Ocarina Booking, il suo album d’esordio Ortiche. Trattasi di 9 tracce, tutte in tondo medio/basso, in cui non c’è mai un momento di felicità musicale cosi come non si trova felicità nei testi. 

Mi rendo conto che, come descritto, potrebbe non risultare molto attraente però nella realtà dei fatti è un progetto davvero molto interessante. In primis c’è la critica sociale e politica, che viene dalle periferie italiane, dai centri urbani distrutti e/o presi ostaggio da centri commerciali brutti tanto quanto inutili frutto di amministrazioni avide. Poi c’è il un puntare il dito contro lo scempio, oltre che urbano, su quello sociale fatto di persone oramai incapaci di parlare e farsi un idea. I titoli dei brani sono sintomatici di questi testi che urlano contro la burocrazia, la santità, gli eserciti del male, lo sperpero dei sentimenti e della lealtà. Le parole scritte da Kerouac vengono rafforzate da innesti come in Rifugio dove troviamo il suono delle monete di Money dei Pink Floyd e in Divise dove invece c’è un campionamento tratto da un’intervista di Massimo Bitonci, ex sindaco di Padova (Lega Nord), in cui afferma che “i parchi servono per i bambini, non servono per i clandestini”.

I brani sia nelle melodie che nei testi trasmettono una sensazione di vuoto molto marcata in cui però c’è sempre il tentativo di aprirsi verso l’altro, di ritrovare socialità (non virtuale) e rapporti umani.

Ovviamente non è un album immediato e d’altronde anche la sua genesi è durata quattro lunghi anni in cui Kerouac ha osservato, scritto e riflettuto sulla realtà intorno a se. D’altronde “l’arte, in tutte le sue forme, è un atto politico […] ogni oggetto frutto della creatività ha in sé un elemento di consapevolezza».

A tratti Kerouac ricorda i Subsonica più intimisti. La chitarra acustica e la sua voce sono le strutture di base su cui sei sviluppano tutti i brani che poi si articolano con trame elettroniche e rumori presi in diretta. Il suono che ne deriva è prettamente urbano.

Kerouac è di fatto un moderno cantastorie metropolitano con una precisa identità artistica, che è andata evolvendo brano dopo brano. Ricordando la domanda iniziale, grazie a Dio c’è qualcuno ancora pronto ad arrabbiarsi e a sfogare la sua rabbia in musica.

 

 

Track List

  • Rifugio
  • Divise
  • Graffiti
  • Angie
  • Antartide
  • Metropoli
  • Capolinea