
Keith Jarrett Budapest Concert
2020 - Ecm
#Keith Jarrett#Jazz Blues Black#Jazz #Budapest #Béla Bartók National Concert Hall
Lungo le 14 sezioni del concerto (bis compresi) la sensazione è quella di assistere a uno svelamento sempre più completo ed emotivamente coinvolgente dell'artista e della sua arte, in una progressione che va dal complicato cerebralismo della Part I fino al sabba blues della Part XII, introdotto dall'applauso entusiasta della platea. Nella lunga cavalcata, l'ennesima di una sequenza di concerti che formano ormai un corpus ineguagliato e ineguagliabile, il cervello lascia sempre più spazio al cuore, liberando la consueta geniale capacità di compositore on the spot che mescola musica “alta” e swing, jazz e canzone popolare, la densità oscura di certi passaggi con il librarsi di melodie tenerissime. Racchiuse nel primo cd, le quattro tracce iniziali necessitano pazienza e attenzione nell'ascolto, ampiamente “ricompensate” – se così si può dire – dallo scrigno di tesori stivati nel favoloso secondo cd, più immediatamente rilucente e accessibile.
Insieme al fraseggio spezzato e contorto della lunga Part I, dove a turno la mano sinistra e la mano destra si prendono il centro della scena, il cuore pulsante del concerto si può forse individuare nella sequenza V-X. Alla ballad old style della Part V, che sembra uscita da un songbook degli anni Trenta-Quaranta, segue lo stile bop della Part VI, capace di fondere senza soluzione di continuità Monk e Powell e risolversi in una chiusa perfetta. Part VII riecheggia invece lo stile del Koln Concert e mostra la classica tecnica di costruzione melodica improvvisata di Jarrett, con un approccio che si fa sempre più caldo e delicato, fino al crescendo gospel finale. Vi si rispecchia la successiva Part VIII, che prosegue sulla stessa linea nel segno di una ancor maggiore fragilità e introspezione, allineando una progressione di tre sezioni differenti. A spezzare l'atmosfera sognante provvede la Part IX, in cui il pianista ingaggia un corpo a corpo con il suo strumento producendosi in una velocissima “folata” di ispirazione free. È un breve excursus a sé stante, prima di lasciare spazio, dopo un'introduzione piuttosto contrastata, all'accordo ostinato di Part X, che funziona da appiglio sicuro sul quale sviluppare una variegata sequenza di improvvisazioni. Prima dei bis, ci resta il tempo di abbandonarci alla Part XII, esaltante campionario di manierismi blues che nelle mani di Jarrett diventa magia. Vien voglia di alzarsi e ballare: sarà riuscito a resistere alla tentazione il pubblico della Béla Bartók National Concert Hall?