
Joe Pug Nation of Heat ( Revisited)
2022 - Loose Music / Goodfellas
Parola di Joe Pug e possiamo constatare che la riproposizione di Nation of Heat (2008), il coraggioso e fortunato EP d’esordio dell’artista del Maryland (20.000 copie di quel disco furono vendute grazie alla geniale intuizione di regalare il download di due brani a richiesta e al successivo passa parola), mantiene la promessa e risulta a tutti gli effetti totalmente nuovo pur contenendo le stesse sette canzoni (peraltro mescolate nella scaletta) ma dove la chitarra, l’armonica e la voce là erano uniche, scarne protagoniste, qui la band, apparecchiata per l’occasione, trasforma quei brani acustici in intense ballate elettriche innervandole con batteria, hammond e sostituendo l’acustica con l’elettrica, avvalendosi di musicisti di prim’ordine come: Brandon Flowers dei The Killers, Carl Broemel dei My Morning Jacket, Derry DeBorja dei 400 Unit di Jason Isbell, Courtney Hartman, e molti altri. Aggiungiamo che in questi 15 anni la voce di Joseph Pugliese (questo il suo nome alla nascita che tradisce le origini) si è scurita ed è diventata ancora più bella quindi era facile immaginare che potesse uscire un signor disco a conferma che il 38enne Pug è uno dei cantautori più affascinanti e colti della sua generazione.
Per parlare di questo nuovo lavoro mi sono andato a recuperare dallo scaffale i suoi tre album sulla lunga distanza e riascoltandoli ho avuto modo di convincermi che ha avuto ragione quella vecchia volpe da Steve Earle che, dopo aver ascoltato quel debutto, se lo portò in tour ed ora ci regala le note introduttive sul booklet, Joe Pug è un songwriter a cui deve essere data tutta l’attenzione che merita ed ora aspettiamo a breve un ulteriore capitolo con nuove canzoni.
I testi, scritti poco più che ventenne, sono potenti e contengono la rabbia giovanile ed oggi Joe stesso ammette che i contenuti, ad esempio di una canzone come la splendida I Do My Father’s Drugs, ora che egli stesso è padre e si avvicina ai 40, non potrebbero essere scritti perché l’avanzare dell’età ci fa assomigliare ai nostri padri con la loro visione e con quelli che ci apparivano i loro difetti. Ma altro resta molto attuale, come i versi di Nation of Heat di cui riporto un passaggio: “A bloccare i confini con i sorrisi sono figli immigrati / Misuriamo la solitudine in miglia e la miseria in tonnellate / C'è un uomo con il cappello di paglia che rema lontano dalla riva / Chi dice che è un peccato che non ti lascino più schiavi qui."
Meno di mezz’ora ma Pug propone grande nuova musica grazie ad arrangiamenti solidi, a melodie ancor più incisive e alla sua voce che assume i colori dei suoi modelli di riferimento ecco allora farsi John Hiatt in Hymn #35 (forse il brano più bello del lotto insieme alla title track) oppure una fetta di Danko e il mood di The Band nell’evocativa Call It What You Will. Joe Pug è un artista che con questo disco ha sicuramente svoltato ulteriromente e ci auguriamo possa uscire dal cliché di artista di culto.
Da avere anche se si possiede l’EP omonimo del (2008).