Hugo Race e Michelangelo Russo 100 Years
2024 - Gusstaff Records
#Hugo Race e Michelangelo Russo#Rock Internazionale#Alternative
Lost Children è quasi uno spoken, anche se la pentatonica emerge nella labile linea vocale. Un racconto sommesso e oscuro. La canzone parla in prima persona di bambini scomparsi: “I believe we have gone to heaven / have you heard about us lost children / nobody knows that’s the truth”. Il delay dice il resto, immergendo l’ascoltatore in un minaccioso crepuscolo. Il senso di oscurità permane con Somebody Help Me. La voce di Race non indulge in bassi cavernosi: non c’è più bisogno di marcare il territorio. Anche l’elettronica è dosata. Nessun picco emotivo, neanche quando si parla di assenza o di disastri (sul booklet compaiono punti esclamativi, ma nell’interpretazione vocale tutto resta sommesso). La più ipnotica Eternal City, che pare omaggiare ancora John Lee Hooker in alcuni interventi di chitarra, accompagna alla conclusiva, strumentale Golden Time che suona più aperta e lirica, quasi ambient: titoli di coda con uno spiraglio di luce.
Si tratta dunque di un disco placido e maturo, dai tempi dilatati, desertico e notturno, basato su un’atmosfera coerente ed omogenea, al punto forse di sfiorare una certa monotonia, che non disturberà l’ascoltatore affezionato. L’assenza di assoli di chitarra e di armonica è una scelta deliberata: gli arrangiamenti (più complessi di quanto non paiano ad un ascolto superficiale, stratificati in ondate di riverberi da una produzione anch’essa personale e riconoscibile) sono un tappeto sonoro. Per il resto, in questo disco il blues è narrazione. Come deve essere.