
Giovanni Guidi Trio Tomorrow Never Knows
2010 - Venus
La miscela di citazioni non ha alcun sapore antologico ma appare una rivalutazione di un patrimonio ormai diventato storico, diremmo quasi classico, per cui la riconferma dei contenuti va oltre l’esercizio. Il lavoro dimostra una sicurezza tecnica di prima classe, con un imprinting ritmico sicuro che certifica una chiarezza di intenti: parlare con un linguaggio moderno rifacendosi a chi magari ne sapeva di più. E allora Joga, della mai troppo lodata Bjork, diventa uno standard mentre Back in the USSR dei Beatles è rifatta in modo irriconoscibile, spolpata nella sua essenza armonica e riproposta in chiave di puro jazz. Il lavoro infatti é classificabile come disco di jazz, con un trio che lavora in modo equilibrato e spontaneo ancor prima che elaborato e ricercato; in questo senso è definibile come opera giovanile, non certo per questioni di immaturità quanto per il senso di freschezza che emerge dai brani.
La successione delle note non è travolgente; la mano destra lavora lenta e meditativa, quasi riflettesse con accuratezza sulla scelta del tasto da pigiare di volta in volta, ma il tasto è sempre quello giusto come si rileva nell’indugiare di Begatto’s Kitchen; in questa logica risulta particolarmente felice la proposizione della colemaniana Turnaround , che valorizza appieno l’approccio con frasi spezzate e linee melodiche brevi ed accennate; Giovanni è comunque in grado di essere lirico nella sua esecuzione di Bella del maestro Rava, andando anche oltre lo spirito meditativo originale con una ritmica uptempo di rilievo. Il jazz più puro si ritrova in Duff di Hawes ma anche Norwegian Wood diventa più patrimonio dell’impro europeo che del beat degli anni ’60.
In attesa che il tempo ne rinforzi il nerbo da leader segnatevi il nome; vi ritroverete con un riferimento della musica a tutto tondo.