
Donald Macneill & Roberto Diana Timeline
2016 - Birnam
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A poet and a singer and a man of the land
He would have died for our freedom and he carried his scars
Hidden in the fold of his heart
(Man Of The Land)
Colonsay, arcipelago delle Ebridi Interne, a ovest della Scozia, una superficie di una quarantina di kilometri quadrati per una popolazione di centoventi persone o poco più: è da questa isola per noi remota che arriva Donald Macneill, classe 1953, songwriter, nonché animatore del locale festival musicale - Ceol Cholasa - la cui edizione 2016 si è tenuta proprio nei giorni scorsi.
Da un’altra isola, a noi molto più nota, la Sardegna e precisamente da Luras, nel cuore della Gallura, a breve distanza da quella Tempio Pausania consegnata alla storia della musica italiana da Fabrizio De Andrè, arriva invece Roberto Diana, classe 1983, musicista eclettico capace di coniugare la sua attività come chitarrista solista dei Lowlands a raffinate produzioni acustiche, tra cui spicca l’album Raighes Vol.1 che ha raccolto consensi a livello internazionale.
Dalla collaborazione di questi due musicisti, apparentemente così distanti tra loro per età, provenienza geografica e background musicale, nasce questo riuscito Timeline, pubblicato da Birnam Records
La collaborazione tra i due musicisti può vantare un precedente che risale a cinque anni orsono quando Donald Macneill e la figlia Jen registrarono un album – Fathers and Sons – accompagnati dai Lowlands con la produzione di Edward Abbiati e dello stesso Roberto Diana.
A fornire la giusta chiave di lettura di questo nuovo lavoro, in maniera forse paradossale l'ultima traccia (non troppo) nascosta, un brano strumentale in cui alla melodia suonata al mandolino da Roberto Diana fanno da sfondo voci e suoni di un ambiente rilassato e famigliare.
A riprova di tale affermazione, la presenza in alcune tracce del disco – e in particolare in Brightest Star – della voce della già citata Jen Macneill e, a sorpesa almeno per chi scrive, del violino di Giulia Cartasegna, compagna di vita di Diana, nonché curatrice del progetto grafico dell'album e autrice delle foto del booklet.
Ma l'atmosfera rilassata che contraddistingue il disco non va certo a scapito della sua qualità, né tantomeno del suo spessore: la formula vincente nasce dall'abbinamento tra la solida capacità di scrittura di Donald Macneill e la veste sonora con cui Roberto Diana riveste le canzoni, non solo in qualità di polistrumentista – oltre alle abituali chitarre lo troviamo impegnato al basso, alla batteria, al banjo, al piano e all'organo Hammond (scusandomi preventivamente per eventuali dimenticanze...) – ma anche di produttore.
Sono dieci le canzoni che compongono il disco, oltre alla già ricordata traccia strumentale posta in chiusura, presentate nel booklet da brevi introduzioni a firma dello stesso Macneill, secondo una consolidata – e assai apprezzata dal sottoscritto – tradizione della discografia in ambito folk, mentre sul sito internet del songwriter di Colonsay (www.donaldmacneill.co.uk) si possono reperire i testi delle canzoni.
Canzoni che narrano fondamentalmente della vita di questa piccola comunità insulare, partendo dal ritratto dei genitori di Donald Macneill immortalati in sequenza nelle due canzoni che aprono l'album – My Mother Rode Her Motorbike e Man of The Land: due persone nate negli anni Venti, la cui giovinezza coincise con la Seconda Guerra Mondiale – nel corso della quale Macneill padre fu pilota della RAF – destinata a segnare in maniera indelebile le loro esistenze.
Tra gli altri brani, da ricordare senza dubbio Brightest Star affidata alla voce solista di Jen Macneill dedicata alla figura di Jennifer Nicholson, ragazza che fu tra le vittime dell'attentato nella metropolitana di Londra del luglio 2005, e The Hall in '59, ode alle cosiddette village halls, luogo centrale di socializzazione nella Scozia rurale dei decenni passati impreziosita dalla tromba di Jeff Lewis e dall'accordion di Andrew Mac Donald.
Piace molto anche Lizzie Brown giocata su una bella melodia e su uno struggente deja vu di un lontano incontro giovanile, e la conclusiva Home Is Where The Dog Is, frammento di una vita decisamente complicata ambientato negli anni Novanta.
A completare il cast dei musicisti che partecipano al disco, registrato al Raighes Factory Studio di Luras, Mario Careddu presente alle percussioni in alcuni brani.
Un'ottima prova discografica, quindi, in attesa della conferma dal vivo: appuntamento a questo riguardo allo Spazio Teatro 89 di Milano, il prossimo 18 novembre, dopo le date tenute in Sardegna nel corso dell'estate.