
Deut From the Other Hemisphere
2023 - Autoprodotto
Una chitarra acustica mi avvolge e una voce calda, morbida, leggermente sporca mi porta in un mondo onirico, mi appanna i pensieri ed attiva i sensi.
La canzone è Sweet Till You Die, brano contenuto nell'album From The Other Emisphere di Deut, progetto del musicista Giuseppe Vitale.
Arrangiamenti curati, ma non artificiosi e dei testi molto riflessivi e importanti, il lavoro di produzione è curato dallo stesso Giuseppe Vitale con David Campanini, già suo collaboratore nel primo EP A Running Start (2019).
I disco si apre con Cherry on Top, brano che richiama il cantautorato raffinato di Nick Drake, Damien Rice, John Martin ma è solo l’inizio di un crescendo che non esplode mai, una tensione emotiva che sfocia gradualmente in brani musicalmente violenti, ma che non arriva mai ad urlare.
Con Nude Naked Stripped si inizia questo viaggio: il primo richiamo che viene in mente sono i Radiohead di Hail to Thief, la tensione emotiva, le ottime chitarre, i testi violenti e crudi.
La sensazione che mi suona più familiare ascoltando questo disco è quella della prima volta che ho ascoltato Faded di Ben Harper (dall'album The Will To Live), un brano musicalmente carichissimo in cui la voce rimane quasi sussurata, quasi una violenza per l'ascolto, un pezzo stupendo.
Segue He Gets Fired, pezzo sull'inutilità della filosofia del lavoro in un sistema capitalista e l'inesorabile sconfitta dell'essere umano.
And I Rise, singolo che ha anticipato l'uscita del disco, racconta di come ci si rialzi dopo l’ennesima ricaduta “and i rise, wait for all the pain that has run dry” e ci porta a When I Breathe the Most, un brano di rinascita “cause when i’m scared to fly, that’s when i breathe the most” - quando senti la paura di fallire tutto diventa diverso, respiri più forte, le tue sensazioni si amplificano.
"If you just stop to take care of me/i will put myself out there/nothing can stop me from growing up" è l’apertura di Bloom, poche parole che raccontano una condizione di vita, la necessità di essere liberi per poter crescere e scoprire il mondo.
Push My Fingers Into Your Eyes contrappone una melodia morbida ad un testo violentissimo: “I push my fingers into your eyes/while you push your hearth against mine”, la violenza metaforica di una lite di coppia, il voler respingere l’altro.
L’album viene chiuso dalla già citata Sweet Till You Die, una riflessione sul tempo che passa “would I be the same in twenty years from now?”.
Un disco che è visto sì come un proseguimento del precedente EP, ma che segna uno step in avanti nella produzione dell'artista, trenta minuti di musica con un'ottima qualità compositiva, esecutiva e di produzione.