The moonstation house band<small></small>
• Pop, Cantautore

David Vandervelde The moonstation house band

2007 - Secretly Canadian/ Wide Rec.

24/05/2007 di Alfonso Fanizza

#David Vandervelde #Pop #Cantautore

Come il nome potrebbe curiosamente far presupporre, David Vandervelde non è una promessa del calcio olandese, bensì un giovane e dotato poli-strumentista della scena rock indipendente americana. Se possieda doti da calciatore non è importante saperlo, poiché ci preme evidenziare le qualità prettamente musicali che ostenta in modo sviscerato nel disco d’esordio, “The moonstation house band”.
Vandervelde fa tutto (o quasi) da solo, grazie anche all’accoglienza riservatagli dal songwriter rock, Jay Bennett (tra i suoi più grandi estimatori), che gli ha concesso in via del tutto straordinaria la possibilità di registrare l’album al Pieholden Suite Sound (lo stesso che ha visto concepire “Yankee Hotel Foxtrot” dei Wilco, ndr), dove il giovane allievo si è rintanato prendendosi tutto il tempo a disposizione (due anni) per meditare e lavorare duramente alla stesura degli otto brani. Un Bennett mai sazio ha accompagnato poi il pupillo anche in veste di musicista: suo il basso intonato nelle prime due composizioni del disco (“Nothin’ no” e “Jacket”).
A segnare l’atmosfera ci pensa “Nothin’ no”, che apre l’album sulle note di un accordo di chitarra appena accennato per poi esplodere in un’irruenza musicale molto coinvolgente. Dopodiché le strade si separano: da una parte i momenti musicalmente più veementi, dalla splendida ballata “Jacket” ad una “Wisdom from a tree” che strizza l’occhio al passato (richiama alla memoria qualcosa di David Bowie); dall’altra le intime ballate emotivamente più d’impatto, nelle ritmiche più vellutate (“Feet of a liar”), negli archi magistralmente arrangiati dal “genio” David Campbell (“Corduroy blues”) e nelle note lievi lanciate in un soffice crescendo quasi orchestrale nell’unico brano strumentale, “Moonlight instrumental”.
L’album accusa anche evidenti cali di tensione come nel brano, “Can’t see your face no more”, ma sa riprendere la sua intensità ritornando sui sentieri più melodici con un’altra ballata semi-acustica, “Murder in Michigan”.
Tutto sommato il giovane Vandervelde ha concepito il suo esordio in modo esemplare, non disdegnando evidenti richiami ad un modo molto classico di fare ed intendere rock che lo rendono ancora più apprezzabile. “The moonstation house band” candida Vandervelde come una delle possibili promesse per il futuro della musica americana.

Track List

  • Nothin’ no|
  • Jacket|
  • Feet of a liar|
  • Corduroy blues|
  • Wisdom from a tree|
  • Can’t see your face no more|
  • Murder in Michigan|
  • Moonlight instrumental