Odd Original Songs<small></small>
Jazz Blues Black • Impro

C.o.d. Trio Odd Original Songs

2012 - SILTA Records

26/04/2017 di Vittorio Formenti

#C.o.d. Trio#Jazz Blues Black#Impro

Il C.O.D. Trio é una formazione milanese composta da Biagio Coppa (sax), Gabriele Orsi (chitarra) e Francesco Di Lenge (batteria). Già dalla composizione dell'organico, che non prevede la presenza del contrabbasso, ci si aspetta un approccio originale alle composizioni e alle distribuzioni dei ruoli che viene pienamente confermata dal presente lavoro.
Il gruppo esordì nel 2009 con un disco dedicato alla rielaborazione di temi rock dei Police, dei Queen, dei Nirvana e dei Pink Floyd: "We will rock you, we will jazz you, we will mock you". A questo fece seguito un live ispirato a Mingus, "Mingus' Reform School"(2011) e quindi questo "Odd Original Songs" completamente composto dal combo. Il disco é del 2012 ma, facendo eccezione alla regola, ci si permette di presentarlo per favorire la riscoperta di quella che ci scrive ritiene una piccola chicca.

Rubricare il lavoro nell'ambito dell'avanguardia  di matrice jazz - rock risulta un'etichetta comoda, non del tutto fuorviante ma certamente limitata. La cifra principale dell'arte proposta dai tre musicisti é la scrittura scheletrica dei brani tutti basati su temi (o riff) brevissimi, del tutto insufficienti a programmare architetture standard ma estremamente efficaci nel permettere lo sviluppo di forme aperte, a struttura sparsa per non dire lasca, sovente astratta.

Programmatico ed emblematico risulta il brano d'apertura, lanciato da uno stepping a quattro note del sax  e seguito da un ordito di chitarra che si intreccia allo staccato dell'ancia mentre la batteria detta un ritmo base che poi sfuma in rullate per lanciare brevi frase improvvisate. Il gioco riprende a tempo ridotto per poi accelerare e tornare a fermarsi; l'effetto é quello di un elastico che, estendendosi tra opposti,  lancia una pietra dando corpo a un "tutti" selvaggio con la chitarra che tiene il riff, la batteria il beat e un sax quasi visionario.  Il tutto senza particolari slanci solisti o tensioni armoniche ma con un'evidente capacità di sfruttare a fondo le intuizioni di base creando momenti in successione coerente che riescono a mantenere l'ascolto agganciato.

Il gioco funziona bene anche nelle track successive che portano alla memoria le attitudini della scuola di Coleman ( magari alcuni scampoli di Zappa) unita alla tradizione più europea di un impro che si libera dal blues e va verso intuizioni aperte conservando comunque logica e organizzazione funzionale del combo. I tre se la cavano benissimo senza il basso affidando anche al sax una funzione ritmica che, pur se intrinseca, si manifesta in quel gusto dello staccato che emerge nell'enunciare i temi. La chitarra si mantiene sulla stessa lunghezza d'onda, non disdegna leggere distorsioni, non rifiuta battute accordali e nelle frasi soliste spesso recita in cadenze unisone al drumming. Il ritmo é un elemento comune a tutti e affascina constatare come la regia di questo ingrediente sia distribuita su tutti i membri del gruppo.

Un altra componente che ricorre sovente é l'uso sapiente di leggeri break (si ascolti Accoddo al riguardo, brano non a caso composto dal batterista) che crea un effetto "a singhiozzo" funzionale a variare la successione delle battute; ne sortisce una sensazione di instabilità molto al di là del tradizionale senso dello swing.

Più in generale di tradizionale in questo disco c'é ben poco; tornano alla mente le migliori manifestazioni del jazz italiano più nuovo e avanzato che si mette in discussione con risultati stimolanti. Anche nei passaggi che sembrano avvicinarsi di più al passato, come potrebbe far credere Ottavo Piano, il combo poi sguscia in una serie di momenti variati che disarticolano e destrutturano la composizione cogliendo di sorpresa. Questo dinamismo interpretativo propone molte pillole che, in modo liofilizzato, portano la memoria dell'ascoltatore a molteplici riferimenti, forse giusti o sbagliati ma che certificano la presenza di un patrimonio musicale assimilato, magari dimenticato e quindi ripresentato in modo personale; Skinner diceva che "la cultura é ciò che resta nella memoria quando si é dimenticato tutto" e il C.O.D. Trio pare confermare questa affascinante tesi.

Qualche limite? Forse uno ma probabilmente legato a false aspettative di chi scrive: un'impostazione del genere farebbe sperare anche in slanci liberatori, in momenti tesi a favore di un bioritmo musicale che oltre a interessare possa coinvolgere....ma occorre tenere presente il rispetto delle idee degli artisti che non sempre coincidono con gli egocentrismi o i pregiudizi degli ascoltatori.

Per cui liberatevi da schemi fissi e ascoltate senza timori questo lavoro, sarà una gran bella esperienza.

 

Track List

  • Odd Original Songs
  • Browse All
  • Accoddo
  • Ottavo Piano
  • Pollock
  • Other Stop
  • Limited Edition

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Recensione di Vittorio Formenti