
Claudio Filippini Filippismo
2022 - Sun Village Records
In questo lavoro, il diciassettesimo della sua carriera come leader, Claudio si propone come compositore e produttore a spettro più ampio, creando un’opera aperta a diversi linguaggi che sposta il confine al di là dello stretto genere, privilegiando un’attitudine non di meticciato ma diremmo meglio di sincretismo.
Il disco è sviluppato in buona parte da solo con alcuni brani arricchiti dall’intervento di ospiti quali Luca Bulgarelli (basso nei brani 3, 4, 5 e 7), Marcello Di Leonardo (batteria sempre negli stessi brani precedenti), Carolina Bubbico (voce in Lush Life) e Filippo Bubbico (batteria in Fotografia).
Organici scarni o addirittura inesistenti che farebbero pensare ad un approccio cameristico e controllato. In realtà l’impatto è decisamente l’opposto; le trame sono corpose dando a volte l’impressione di essere per orchestra o comunque per ensemble allargati. L’effetto è ottenuto grazie a un sapiente utilizzo dell’elettronica e del set di tastiere a disposizione dell’autore, cui fa ricorso non per creare effetti ma per coprire quei ruoli strumentali non rappresentati da musicisti fisicamente presenti.
Artificialità quindi? Assolutamente no. L’idea del progetto è talmente chiara che non ci sono momenti spesi per abbellire o decorare marginalmente; l’approccio compositivo ed esecutivo è a tutto tondo e l’ascoltatore mai penserebbe di trovarsi davanti a un solo artista o poco più.
Altro ingrediente fondamentale è l’ampiezza dei riferimenti assunti. Dal pop al cinema, dal jazz alla classica, dall’elettronica al popolare. Il tutto con un minimo comun denominatore: la melodia che rende l’opera estremamente accessibile.
Ad evitare il rischio della stucchevolezza che sovente insidia i progetti ad alto tasso “cantabile” interviene l’uso di riff o motivi brevi, immediatamente coglibili, riproposti ed elaborati con tecniche di imitazione / loop / contrappunto in grado di sfruttare fino in fondo le potenzialità delle idee base. Semplicità al servizio del gusto e della vivacità comunicativa.
In qualche modo l’approccio ricorda quello di un Sufjan Stevens a cui sottrarre echi indie e folk ed aggiungere cenni jazz e classici, ma con il fattor comune del pop e della ricchezza di idiomi.
Per gli appassionati di jazz citiamo due passaggi.
Rebirth, con un piano teso nell’improvvisazione a tratti citazionistica e a tratti cromatica, sviluppata su di una base orchestrale (creata da Claudio stesso) con un effetto a valanga che aumenta la densità sonora.
Lush Life, celebre standard di Billy Strayhorn che viene riproposto semplificandone la struttura e con un intervento di produzione che unisce una sessione in studio (solo piano) a uno stralcio da un concerto con al canto Carolina Bubbico. L’effetto finale è decisamente moderno al punto che non si può parlare di un’esecuzione di un classico bensì di una metacomposizione.
Ad esemplifcare la capacità di Claudio nell’uso dell’elettronica citiamo il brano conlcusivo dove, da solo, simula tutti i contributi strumentali con una verve da drum’n’bass.
Decisamente consigliato con un avviso: non fermatevi alla superficie, non si tratta solo di lounge.