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Americana • Roots

Charlie Parr Stumpjumper

2015 - Red House Records / IRD

27/05/2015 di Claudio Giuliani

#Charlie Parr#Americana#Roots

Charlie Parr è uno strano personaggio, cantante e chitarrista, musicista out of time, fuori dal tempo, promotore di sonorità e di un background arcaico intriso di folk, country blues, di sputi bluegrass e sentieri old time; cresciuto a Duluth, Minnesota, esegeta di una musica che sembra prorompere dall’Anthology of American Folk Music di Harry Smith. Il suo è un suono asciutto, tradizionalista fino all'osso, che evoca i fantasmi della coppia Sonny Terry e Brownie McGhee e della Carter Family, di John Fahey e di Blind Willie Johnson, di Charlie Patton e Leadbelly; un suono che racimola per strada rimasugli e reliquie di un'America perduta per intrufolarsi in una dimensione atemporale sovrapponendo folk bianco e nero ma stando sempre attenti a raccontare il presente.

Charlie Parr sta diventando un musicista importante. E' partito da solo, con un lavoro costante e ostinatamente caparbio, con la sua chitarra, il banjo e poco altro ha inciso dischi, se li è praticamente auto distribuiti e nel giro di una manciata di anni il suo nome è cresciuto.

Alcuni dei suoi dischi meritano un sincero plauso: Keep Your Hands 0n The PLow (2011), Barnswallow (2013),  1922 (2002), Rooster (2005) o lo splendido Glory in The Meeting House (2010, con i Black Twing Pickers).

Con Stumpjumper Charlie Parr dà avvio al sodalizio con la Red House, l’etichetta di Greg Brown, ed incide il suo primo disco con una backing band (abbastanza spartana a dir il vero) e, a quanto pare, incide anche per la prima volta al di fuori del nativo Minnesota; il disco è stato registrato nella Carolina del Nord con una band alle sue spalle guidata da Phil Cook (Megafaun). Il suo soggettivo finger picking ed il suo modo di cantare pieno di anima si misurano su nuove composizioni più la cover della classica murder ballad Delia. E’ un disco ruspante, granuloso, reidratato che ci consente di riavere questo grande musicista in una rianimata estensione corroborante. Undici tracks, 54 minuti in un intransigente itinerario out of time: si parte con Evil Companion, un blues sporco e minimalista, martellante e scarno come sempre, ma nel contempo tonico, con quel sapore campagnolo e rurale che pare uscito dalle pietre sepolcrali del tempo. Empty Out Your Pockets ci dà un banjo e un rullante ossessivamente percussivi e ricostituenti; Falcon palesa fantasmi ragtime nella melodia, sempre con un’ansia percussiva che sembra voler scappare via come un malandrino nel pollaio.

Giunge poi Remember Me If I Forget  seguita da On Marrying a Woman with an Uncontrollable Temper, tra le più belle ed evocative dell’opera, songs che ci portano davvero fuori dal tempo, in una dimensione arcaica che ha i suoi fantasmi nei gospel degli appalacchi e nei canti collettivi del sabato sera delle comunità rurali.

Over the Red Cedar  e l’avvincente Temperance River Blues sono altre magnificenze emotive, con un pathos suggestivo che sfiora romanticismi emozionali. In Resurrection incontriamo trazioni bluesy nebbiose e austere, sobrie e paludosamente frugali… affascinante!!!

Stumpjumper, la title track, è un blues-folk tagliente e affilato, granuloso e con un sentimento dirompente come whiskey a buon mercato sputato su braci ardenti mentre la splendida rivisitazione della classica Delia è una riuscita murder ballad dalle suggestioni impressionistiche, colori picchiettati e spalmati sulla tela mischiando tratti cobalto e i grigi antracite, scarlatte increspature cremisi e sepolcrali blu notturni degni del miglior Ry Cooder. Un album decisamente intrigante.

Track List

  • Evil Companion
  • Empty Out Your Pockets
  • Falcon
  • Remember Me If I Forget
  • On Marrying a Woman with an Uncontrollable Temper
  • Over the Red Cedar
  • Resurrection
  • Stumpjumper
  • Temperance River Blues
  • Frank Miller Blues
  • Delia