
Arab Strap The last romance
2005 - Chemikal underground/Audioglobe
“The last romance” ha la facoltà di essere fin da subito un sorso dissetante di buona musica, forse ad oggi la prova migliore del combo scozzese all’interno di una discografia comunque già eccellente ed uno dei lavori che sopravvivranno alle classifiche farcite di meteore dello scorso anno.
Ogni brano di “The last romance” sa ancora raccontarci qualcosa sulla vita di quella che a buon diritto è una delle maggiori realtà d’oltremanica, in barba alla marmaglia di star fashion-oriented spacciateci dall’industria del disco londinese. Gli Arab Strap non si rifanno ad altri se non a loro stessi, e ciò basterebbe a chiudere il paragone con tutte le novità che periodicamente vengono offerte come sensazionali e irrinunciabili. Se fino a prova contraria l’unica possibilità di giudizio ci è offerta dall’ascolto, questo album non è che la riprova di quanto alto sia il valore aggiunto che una buona idea può apportare ad ogni singolo brano, e ciascuno di questi alla riuscita di un album che qui sa essere perfetto pur nella sua breve durata (poco più di mezz’ora) ed eterogeneità.
La sconsolata fisa che viene sopraffatta dal muro di suono e dissonanze in “Chat in Amsterdam, winter 2003”, la melodia sommessa del cantato sempre sostenuta come un trofeo di cui andare orgogliosi e la cura nella rifinitura di arrangiamenti ora pudicamente minimali (“Fine tuning”), ora traboccanti generosità come in “There is no end”, con la sua solenne sezione fiati non fa che ribadire il prestigio di un suono sempre nuovo, ma riconducibile ad una matrice profondamente coerente.
Di band come gli Arab Strap ce ne vorrebbero, non c’è dubbio, a raccontarci come sia possibile continuare a credere alla buona stella di un suono che faccia piazza pulita degli stereotipi e si consegni a noi libero da ciò che non appartiene all’anima sincera dei suoi autori.