Ora, sotto contratto con la Mescal, pubblica questo suo primo cd da solista, che lo rappresenta in tutta la sua ecletticità: il disco, come il suo autore, si colloca nel marasma indefinito del pop-rock italiano, cercando però di distinguersi con un suono e una proposta personale.
Si sente che Andrea è un bassista coi fiocchi e che ha l’intelligenza, oltre che le qualità, per costruire una musica che sia leggera e significativa. Innanzitutto il disco è centrato sull’immagine della scacchiera, metafora di un mondo colmo di regole e di mosse obbligate da cui è necessario svincolarsi. Ma la scacchiera, con tutta la sua varietà di figure e di combinazioni, è allo stesso tempo simbolo anche della musica di Andrea che spazia dal pop inglese al crossover, dal cantautorato alla musica leggera di casa nostra.
L’intento di ogni canzone è di togliere la maschera ad atteggiamenti e preconcetti, tanto umani quanto musicali: ad Andrea piace muoversi ironizzando e dissacrando, con passo lieve e ghigno beffardo, quasi fosse uno di quei fool che allietavano la vita delle corti mediovali.
Non sempre però il gioco porta gli effetti sperati e in alcuni episodi finisce per scadere in qualche banalità. Ciò succede soprattutto nei brani più leggeri, come “Ricominciamo adesso”, in cui i testi si strusciano su pruriti risaputi e i suoni si sfogano su ritornelli prevedibili.
Altrove invece Andrea, che oltre ad aver prodotto il disco suona la maggior parte degli strumenti, risulta efficace con atmosfere più oscure che valorizzano meglio il suo lavoro al basso: “Scacchi assassini” è un crossover in italiano che non pesa più di tanto sui volumi, mentre “Ovunque tu” e di “Senza più ali” sono due pezzi dalle atmosfere quasi new wave, in bilico tra il leggero e l’oscuro, tra il buio della caverna e la luce della libertà.
Da una parte c’è una predisposizione al pop che ricorda quella di Samuele Bersani, (ne è prova l’immediatezza del singolo “Aria fresca”), e dall’altra emerge una profondità che fatica a combinarsi con la leggerezza di alcuni brani, che rimangono vittime dell’orecchiabilità, bloccati come pedine sulla scacchiera.
Andrea Ra ha il sorriso del folle, all’apparenza abulico e sconclusionato, ma sotto sotto perfettamente cosciente delle proprie espressioni, come dimostra la conclusiva “Il pazzo” con una coda di sette minuti in cui a parlare è proprio quel fool, a lungo trattenuto.
"Scaccomatto è un disco ambizioso ed eterogeneo: Andrea Ra deve solo imparare a giocare di meno con le sue maschere e a mostrare di più il suo volto."