
Amy Speace There Used To Be Horses Here
2022 - Proper Records / Appaloosa Records
Scritto fra il primo compleanno del figlio e la morte del padre, There Used to Be Horses Here è il frutto di quattro giorni di incisioni a Nashville con l'aiuto del trio The Orphan Brigade, conosciuto anche in Italia, formato da Ben Glover, Joshua Britt e Neilson Hubbard, gli ultimi due anche registi dello splendido video di presentazione.
Ma non si pensi che un disco dedicato all'elaborazione del lutto e di un nuovo equilibrio esistenziale abbia prodotto un'atmosfera cupa, deprimente, o, peggio, pessimistica. Speace sa come esprimere i sentimenti, e mettersi musicalmente nelle mani di produttori e artisti esperti come i tre Orphan Brigade, che restituiscono appieno tutta la tavolozza di sfumature di una scrittura ricchissima di emozioni, ricordi e poesia. Il rapporto fra padre, manager anaffettivo, e figlia, volitiva artista, non è sempre stato idilliaco, ma proprio la malattia di lui ha avvicinato i due, che hanno riscoperto un modo intimo e duraturo di comunicare e amarsi: il disco è quindi anche la storia di come i sentimenti possano cambiare e consolidarsi.
È consolante ascoltare la naturalezza con cui la voce di Speace sa muoversi fra l'energia dell'inno tutt'altro che funebre Hallelujah Train, e immediatamente dopo celebrare il primo Father's Day senza il padre, senza disperazione, ma con un rimpianto velato di serenità, mentre le corde folk dei tre intrecciano trame delicate, per sottolineare la dolcezza della situazione. Un pugno di canzoni da assaporare come in un concept album, che coinvolge l'ascoltatore fin da subito, e possibilmente da ascoltare con i testi davanti, profondi e meditativi, ma insieme diretti e stimolanti, senza sbavature, poiché anche i momenti più lirici, come la traccia che dà il titolo all'album, o la conclusiva Mother Is A Country, possiedono un equilibrio compositivo e una lucidità interpretativa che impediscono lo scadimento nel patetico.
Si è detto che quella appena citata è la canzone conclusiva; in realtà, il progetto si chiude con un altro pezzo, l'unica cover, dedicata all'indimenticabile Warren Zevon, Don't Let Us Get Sick, che diventa una splendida ballad country, in miracoloso dialogo fra la misurata voce di Speace, un background vocals di grande effetto, e le chitarre degli Orphans Brigade.
Il disco si conclude, ma continua a risuonare nell'anima, infondendo la consapevolezza che solo attraverso il dolore è possibile stabilire un rapporto rinnovato con i valori davvero importanti nella vita; e costituisce un'importante tappa nel percorso umano e musicale di un'artista che ha ancora molto da comunicare.