Tutto quello che musicalmente si presenta dal profondo sud della penisola lo si può compressare in pillole di elios che sgambettano vita, vitalità e vitalizio assicurato di colorata resistenza all’opacità; un intricato “traffico” sonoro di storie e geografie nel comune senso terapeutico e rituale, che mette sempre in piedi qualcosa a metà tra la dimensione spettacolare e la dimensione culturale: la cura antistress più “bio-naturale” che ci sia. Da Terlizzi, nel Barese, giunge accaldato il combo degli A3 con il gocciolante “Trasudando”, un caldo “ 11 takes” ad alta dispersione salina; A3 come il nome dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, ma non asfaltata di bitume e macadam, ma di storie, percorsi, genuinità corali e magie tintinnanti di chitarre battenti, tamburelli, cajon, darabouka e bendir. Fabio Bagnato, la mente e voce di questo viaggio, “capobranco” in questa transumanza sui declivi del folk sudterraneo, illustra le sonorità che perimetrano le tammuriate della Campania, le pizziche del Salento e del Gargano e le tarantelle di Basilicata e Calabria, in un girovagare pittoresco tra strumenti della tradizione e un soffio di moderna tecnologia che uniti insieme splendono, attirano e affabulano. E tutto è visto attraverso gli occhi di antiche generazioni filtrate attraverso i cristallini contemporanei: gli splendidi melos di “Ninnananna terlizzese”, “Tammuriata alli uno” e “Tarantella guappa”; tutto “stuzzica” il nervo teso delle memorie dell’altro ieri, conservate o riammodernate nella specificità o contaminate da nuove frontiere soniche: “Filastrocche”,”Passo del brigante”,”Libertà pizzicata”, “A3” e “Tradizione Sud”. Trasudando non è un cd, tantomeno un disco, men che meno qualcosa che possa tradursi in un contenitore di “suonerìe” di un dì di festa; è la “storia” che pizzica, vibra, scuote e bussa forte all’uscio del nuovo portone generazionale, e picchia sui vetri della stanza del rammento di chi gli anta li porta alle spalle. Gli A3, questi saltimbanchi del folk-dossier, portatori e trovatori di un trasudare etnomagico si riappropriano di una dimensione rituale che profondamente veste d’arte il flusso emotivo che va dal loro palco di vita al pubblico che ha sete di favole reali, fantasticamente esistite.