Zanne Festival 2014

live report

Zanne Festival 2014 Parco Gioeni, Catania

18/07/2014 di Annalisa Pruiti Ciarello

Concerto del 18/07/2014

#Zanne Festival 2014

DAY 1

Il Parco Gioeni di Catania ospita la seconda edizione dello Zanne Festival, un festival all'ombra del vulcano che vanta ospiti provenienti da ogni dove. L'anno scorso è stato complice dell'esibizione dei Jon Spencer blues explosion, dei Black Lips e degli Swans, anche quest'anno non sarà da meno, i nomi sono fortissimi, e già da questa sera avremo un assaggio di ciò che saranno i prossimi due giorni.
Il tramonto lascia spazio al buio, il parco si inizia a popolare, una lunga fila di persone attende di entrare fuori dal cancello d'ingresso. Anche il palco si popola, questa sera assisteremo a due live strepitosi. Ai Toy spetta l'arduo compito di inaugurare il grande palco, seguiti dagli attesissimi Blonde Redhead, dal pubblico le aspettative sono altissime, non tutti conoscono i primi, molti sono scettici, altri hanno voglia di conoscerli e di farsi sorprendere (e così è stato).

C'è fermento nell'aria, l'attesa intensifica l'ansia di vedere le due band esibirsi, la musica fuori dal palco si ferma, il pubblico in massa si dirige verso lo stesso, si accendono le luci: arrivano i Toy, la band nata a Londra nel 2010, cinque giovani ragazzi dall'aspetto serioso ed emaciato, tutti vestiti di nero tranne Lei, Alejandra Diaz, la tastierista di rosso vestita. Sembrano venire fuori dal passato, da una Londra uggiosa e sbiadita, non si scompongono quasi, se non fosse per il bassista che tradendo ogni cliché si dimena come un forsennato, il capelluto uomo - molto simile a cugino Itt della famiglia Addams - è Maxim "Panda" Barron. Poi c'è lui, il frontman non troppo frontman della band, Tom Dougall, anch'egli in black, e sfogliando tra i video della band noto che è questa la sua divisa.
Ho imparato a conoscerli in questi giorni (credo come me molti) e devo riconoscere che sono stati d'impatto, misurati e precisi, grande presenza scenica, senza strafare sono riusciti a sorprendere anche gli scettici, hanno regalato al pubblico di Zanne un live di circa 100 minuti.

I Toy esordiscono con Conductor, poche luci sul palco e la psichedelia protagonista assoluta, ritmi martellanti ed ipnotici anche nel secondo pezzo: Colours running out, casulamente entrambe sono le track1 dei loro due album, la prima presente in Join the dots album del 2013 e la seconda nell'omonimo Toy del 2012. Seguono Too far gone to know fatta di ritmi serrati e suoni brillanti; Dead & gone e la bellissima You won't be the same. I Toy alternano brani del vecchio album a quelli dell'ultimo, li arricchiscono con lunghissime distese strumentali fatte di noise e krautrock; sembrano timidi loro, non sono virtuosi e di troppe parole, ringraziano il pubblico ogni tanto e lasciano parlare la loro musica. Pochi secondi per Tom e Dominic per accordare le chitarre ed è subito il momento di Kopter, rumoroso e ruvido pezzo presente in Toy, credo che meriti una menzione d'onore il batterista Charlie Salvidge che instancabile scandisce meravigliosamente il tempo.
Poi ancora As we turn (la mia preferita) e il loro singolo di debutto Left myself behind, ed i Toy non sono ancora stanchi, continuano inarrestabili con Endlessly, ancora più carichi di prima.

Quasi alla fine dell'esibizione tutto diventa una festa, sul pubblico una decina di enormi palloncini vengono lanciati, la parte divertente è quando gli stessi arrivano sul palco, i musicisti intenti a diffondere musica si dilettano a dare calci a quei palloncini. Tutto ciò non si placa nemmeno quando un'esplosione di coriandoli bianchi travolge la massa, sta per concludersi il primo live della serata inaugurale non prima d'aver ascoltato Join the dots, il brano che più di tutti racchiude la vera essenza del quintetto londinese. Calano le luci sul palco che pian piano si svuota per lasciare spazio ai Blonde Redhead.

Dopo una pausa di circa 30 minuti arrivano i fantastici tre: Kazu Makino e i fratelli Amedeo e Simone Pace, portano sul palco una calma quasi mistica; i Blonde Redhead manco a dirvelo, sono strepitosi, carichi e pronti a sorprendere il pubblico.
Falling man direttamente da Misery is a Butterfly (2004) sul palco di Zanne, Simone ci introduce dentro il misterioso mondo dei Blonde Redhead, lo stesso, dopo questo brano cede il testimone alla bravissima Kazu Makino, la sua voce eterea scalda il pubblico che farfuglia a squaciagola le parole di Dr Stangeluv, Lei è divina. In questo gioco delle parti è nuovamente Simone a deliziare il pubblico con la sua voce con Spring and by summer fall.
Lui, Lei e l'altro, potrebbe essere il titolo di questo splendido “film”, tre personaggi niente male sullo stesso palco, e non è un caso se parlo di personaggi, infatti il terzetto formatosi a New York riesce ad intrattenere ed incantare la folla come non tutti sanno fare, è come quando guardi un film perfetto nella sceneggiatura, nella fotografia e nell'interpretazione.
Sul palco un'atmosfera spirituale, quasi da santuario orientale quando la nostra Kazu ci dona Love or prison, il pubblico è esterrefatto e a bocca aperta.

Forse non tutti sanno che a breve uscirà il nuovo album dei Blonde Redhead, che si intitolerà Barragán, e quale migliore regalo potevano farci, se non svelare come risuoneranno alcuni dei brani presenti? Defeatist anthem e Main to be had suonate tutte d'un fiato, un groviglio di suoni, rumori, effetti e riverberi.
Kazu si libera di tutti i suoi strumenti quando interpreta Here Sometimes, lei che non soffre l'ansia da palcoscenico sgattaiola qua e là con sensuali movenze, il mood è sempre lo stesso, sembra quasi di vivere un'esperienza ultraterrena.

Vi avevo già parlato di Barragán e probabilmente molti di voi avranno già ascoltato No more honey, il singolo che anticipa l'album, bene, i Blonde ci hanno fanno ascoltare pure quello (io già l'adoro), i suoni sono più cupi di quelli precedenti ma ha una carica incredibile. Altri due classiconi 23 e Equus prima di concludere il live, almeno apparentemente, scendono per qualche minuto dal palco, fanno quella solita pantomima che non piace a nessuno e dopo rientrano per il finale, un finale scoppiettante, memorabile, noise e rumoroso fino a far male i timpani.
Chi si è perso il live dei Blonde Redhead si starà sicuramente mangiando le mani, chi era lì invece si starà ancora leccando i baffi. Cala il sipario sulla prima serata di questo magnifico festival.

DAY 2

Anche la seconda serata di Zanne Festival è giunta al termine, la location è sempre la stessa, questa splendida terrazza su Catania e sul suo mare, la temperatura sul palco è la stessa della precedente serata, il pubblico è in fermento per gli attesi Black Rebel Motorcycle Club che chiuderanno la serata.
Per la serie “non c'è festival senza lamentele” sono le 20:30 circa quando inizia la performance di Dirty Beaches, dal pubblico si assaporano i primi malumori, poiché il nostro artista è stato l'ultimo a fare il soundcheck ed il primo ad esibirsi, creando qualche confusione tra folla. L'esibizione di Dirty Beaches aka Alex Zhang Hungtai riesce comunque a rapire il pubblico, lui tenta di dar voce alla sensazione di straniamento costruendo un collage di suoni e rumori rubati qua e là; ritmi artificiali, synth martellanti, campionamenti, vecchi stralci di colonne sonore più o meno celebri diventano i protagonisti della sua performance. Un viaggio introspettivo alla ricerca di una forma di perfezione al di sopra della realtà, è quello del compositore taiwanese naturalizzato canadese; a tratti appare aggressivo, poi ipnotico e ripetitivo ma una cosa è certa il risultato della sua performance è sorprendente, ha portato sul palco di Zanne brani inseriti in Badlands (2011) ed altri raccolti nell'ultimo album Drifters/Love is the Devil uscito lo scorso anno, arricchiti con una buona dose di improvvisazione e di quell'approccio low-fi che ha reso celebri i Suicide.

Il live prosegue con la seconda band di questa serata: i Dark Horses, direttamente dall'inghilterra, da Brighton per l'esattezza. Due donne sul palco, una sensualissima Lisa Elle (voce) che ricorda vagamente Nico dei Velvet Underground e la bassista, credo lei sia italiana, se non lo è, parlava italiano egregiamente; la band ci fa assaporare i brani presenti nel loro album di debutto Black music uscito nel 2012. L'esibizione è davvero forte, la batteria è potente e le chitarre impeccabili, della voce di Lisa è semplicemente perfetta, sinuosa e ricca di sfumature; i Dark Horses riescono a stare sul palco e ad animare il pubblico ancora ipnotizzato dalla precedente esibizione.
La narcotizzante Traps, la rumorosissima Alone, Black music, No dice solo alcuni dei brani che hanno suonato durante il loro live, a pochi minuti dalla fine dell'esibizione sale sul palco a fianco dei Dark Horses, Robert Levon Been, dei Black Rebel Motorcycle Club; l'apparizione sullo stesso palco non è proprio una novità, anche perchè i DH hanno spesso aperto i live della band di San Francisco, ma è comunque un evento memorabile, assieme hanno riservato per il pubblico di Zanne un'incredibile versione di Radio. Dopo una chiusura da scintille (come avevano promesso) con la cover irriconoscibile di Hello, I love you dei Doors, anche su questa band si spengono i riflettori, nell'attesa dei prossimi ospiti.

È il turno dei Clinic, terza band in scaletta, progetto di Ade Black Burn, loro sono in quattro ed arrivano direttamente da Liverpool, ma di beatlesiano hanno ben poco, probabilmente hanno in comune la passione per la sperimentazione, che in questo caso è tirata all'ennesima potenza. Salgono sul palco in tenuta ospedaliera, con tanto di capellino da sala operatoria e mascherina, a giudicare dall'aspetto mi ricordano i medici scontrosi che popolano gli ospedali nostrani.
La band di Liverpool (suona stranissimo) esordisce con I ching, e mi chiedo come facciano a resistere con quel caldo e quelle maschere, la cosa più strana è vederli muovere sul palco: batterista, chitarrista e cantante (per comodità li indicheremo così) si invertono, cambiano postazione e strumento, e ammetto che dopo i primi due passaggi non li distinguevo più. Il pubblico si anima e inizia a ballare con Walking with thee, poi si arresta quando arriva Seamless boogie woogie. Definirei la loro, la musica dell'alienazione, sembrano degli automi, imprevedibili ma contenuti. In circa 90 minuti di spettacolo hanno riscaldato la massa selezionando i brani che più caratterizzano il loro percorso, estratti dai loro sette album, tra gli altri Cement mixer e The return of Evil Bill, nel quale Ade si accompagna con una diamonica. Nuova pausa e nuova attesa, quando arrivano i Black Rebel Motorcycle club?

Gli headliners di questa serata salgono sul palco alle 23:30 qualora vi foste distratti parliamo dei Black Rebel Motorcycle Club, la loro è un esibizione memorabile, i trio di San Francisco manda il pubblico in delirio, sin dalle prime note di Beat the Devil's tatoo, brano scelto per aprire il live. Robert sembra un domatore di chitarre imbizzarrite; segue Ain't no easy way ed è subito California, quella dei paesaggi aridi e delle strade intorno al nulla, questa volta in primo piano uno smagliante Peter Hayes che suona magistralmente l'armonica. La Gibson di Robert introduce Let the day begin, sono scatenatissimi sul palco, ma ad un certo punto qualcosa va storto, un blackout momentaneo interrompe l'esibizione, lasciando tutti a bocca aperta, dopo circa un minuto i BRMC ripartono da dove si erano interrotti, sorprendendo ancora una volta la folla. Devo ammettere che tutte le donne che si sono alternate sul palco in queste sere hanno una verve ed una carica non indifferente, come in questo caso, Leah Shapiro alla batteria, che infaticabile da dimostrazione del suo talento in Berlin.

Il pubblico si placa con Returning, è bellissima ed emozionante, esuberanti e spigliati i BRMC quando interpretano Stop e Conscience Killer, i due soci lasciano Robert solo sul palco, c'è lui, la sua voce e la sua chitarra, quello che ci resta è una versione appassionante e acustica di Mercy. Adesso sono nuovamente tutti sul palco per Shuffle your feet e Lose yourself in una veste più cupa che mai. I tre ragazzi ribelli non hanno alcuna intensione di mollare la folla che brama la loro musica (non concedono alcun bis e continuano imperterriti) il live prosegue con Sell it, Red eyes and tears, prima di concludere col botto, con Spread your love.
Dopo questo avvincente live un dubbio mi attanaglia: come fa Robert a suonare col giubbotto di pelle?

DAY 3

Anche quest'anno l'esperienza di Zanne è giunta al termine, la serata di chiusura vede alternarsi sul palco tre band: i Lead to Gold, gli Skip Skip Ben Ben e come nelle precedenti serate gli headliners, che questa volta sono i Calexico.
Con qualche tentennamento la serata ha inizio con l'esibizione di LtG la band che ha vinto il contest Nuove Zanne, per loro è una magnifica occasione e più volte lo ribadiscono, presentano in anticipo il loro Ep che uscirà il prossimo autunno; l'emozione c'è, si vede e si sente, ma riescono comunque a regalare una buona performance, definiscono il loro genere trip-hop, che spazia dal rock al pop, ma senza dimenticare le origini, infatti omaggiano il Duca Bianco con una versione minimalista di Space Oddity, altro brano interessate è Ebony liberamente ispirato all'ultimo capolavoro di Lars Von Trier. Dopo sei brani i tre ragazzi scendono dal palco e chissà quest'esperienza dove li porterà.

I prossimi a salire sul palco sono gli Skip Skip Ben Ben, band asiatica per la prima volta in Europa (che è comunque un bel primato), fanno parte della scena indie taiwanese, presentano brani contenuti nei loro due album No-fi, No-fiction e Sacrifice Mountain Hills, rispettivamente del 2010 e del 2012. Tradendo lo scetticismo del pubblico, lo sorprendono a suon di noise e di shoegaze; dietro all'aspetto quasi angelico della minuta frontman si nasconde una spietata musicista, aggressiva e violenta come un film splatter asiatico. Gli Skip Skip Ben Ben tessono una ragnatela di suoni nella quale intrappolano gli ascoltatori; Dead floor, Last night, Sand, Walkman, Hybrid Meteor sono suonati con un incredibile efferatezza. Devo riconoscere che il trio di Tapei è stata una bella sorpresa di questa seconda edizione di Zanne e da buoni cinesi non si smentiscono manco a fine concerto, infatti prendono un iphone e scattano una foto al pubblico.

Ogni serata ha avuto le sue acclamate star e questa sera tocca ai Calexico, il pubblico di ogni età è emozionato e attende di partire per questo viaggio che toccherà l'Arizona e che si spingerà fino all'America Latina. Il palco è pronto e pieno di gente, una selva di microfoni scherma l'attesissima band dal pubblico, avvolto nell'asta del microfono di Joey Burns, un tricolore, che pensavo fosse un omaggio alla nazione, invece è un habitué. Fanno il loro ingresso in scena con Epic, strafanno e catturano il pubblico. Joey è un gran paraculo, in senso buono ovviamente, non fa altro che complimentarsi ed ammaliare il pubblico, che non aspetta altro che loro e la loro musica. Il prossimo pezzo sarà Across the wire, ed è subito festa, l'atmosfera è quella di una sagra di paese (anche questo in senso buono) a rafforzare la mia convinzione, l'odore di carne e salsiccia che inebriava un po' tutti.

C'era un'aria serena dentro e fuori dal palco, trasudavano passione da ogni poro quei sette uomini; notevoli le l'interpretazioni di Splitter con le immancabili trombe e la suadente Roka, e se qualcuno s'è permesso di definire la loro musica simile a quella di Zorro o di Speedy Gonzales, dico solo che costui non ha capito nulla, e poteva benissimo starsene a casa. Polemiche a parte, i Calexico sono stati superlativi in tutto e per tutto, la loro è un 'esibizione che si scosta totalmente da quella delle precedenti giornate, ma l'entusiasmo del pubblico è l'unica cosa che conta. Poi ancora Dead moon, Minas de cobre è un biglietto di sola andata per il Messico; i nostri bandoleri non hanno paura di nulla e sfidano un capolavoro della new-wave, Love will tears us apart dei Joy Division, combinandolo con Not even Stevie Nicks, il risultato è davvero piacevole. Dagli anni '80 rubano agli Smiths Bigmouth strikes again ed anche in questo caso il pubblico è sbalordito, la scaletta presegue con Maybe or Monday, con Puerto congedano il pubblico, ma dopo pochi minuti di silenzio e buio sul palco, rientrano per l'ultimo e febbrile brano, Guero canelo.
L'allegro ensamble saluta il pubblico e lo ringrazia con tanto di inchino e foto. Anche su questa edizione cala il sipario e credo questo sia il fotogramma più bello di queste tre lunghe serate.