Massimo Bonelli

interviste

Massimo Bonelli I colori del rock

26/04/2016 di Laura Bianchi

#Massimo Bonelli#Rock Internazionale#Rock

Ex Direttore Generale della Sony Music, ha trascorso 35 anni nel mondo del marketing e della promozione discografica, sempre accompagnato da una grande passione per la musica. Lavorava alla EMI quando, in un periodo di grande creativit� musicale, John Lennon, Paul McCartney e George Harrison hanno iniziato produzioni proprie di alto livello e i Pink Floyd hanno fatto i loro album pi� importanti. Sino a quando, con i Duran Duran da una parte ed il punk dall�altra, � arrivato il decennio pi� controverso della musica.In CBS (pi� tardi Sony), ha contribuito alla ricerca e al lancio di un numero considerevole di artisti, alcuni �mordi e fuggi� come Spandau Ballet o Europe, altri storici come Bob Dylan, Bruce Springsteen, Cindy Lauper, Franco Battiato, George Michael, Claudio Baglioni, Jovanotti, Pearl Jam, Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e tanti altri�Si fatica davvero a individuare un artista con il quale non abbia mai lavorato, nel corso della sua lunga vita tra pop e rock.


 

Ci sono i Pink Floyd, i Beatles, artisti come Springsteen o Stevie Wonder. E poi ci sono i discografici, che ascoltano e scelgono prima di tutti  la musica che ascolteremo noi. Quando la musica rock esplose, c’era Massimo Bonelli fra i discografici che facevano la differenza. Ora Bonelli presenta ad Ameno una mostra di pittura sul rock. Lo abbiamo intervistato, sulla mostra e sulla sua vita. Ne è emersa una testimonianza schietta e ricca di spunti di riflessione.

 

Cosa ti ha spinto a ideare la mostra che presenti ad Ameno?

L’amore per la musica in tutte le sue forme: auditiva e visiva. Un bel quadro che ritrae Hendrix o Springsteen ti avvicina alla loro sensibilità musicale più di qualsiasi video. Ho voluto mettere insieme un’incredibile serie di immagini delle icone del rock fra splendidi colori e straordinarie sensazioni.

Quali sono le sensazioni che il visitatore potrebbe provare nel corso della mostra? Nostalgia, ammirazione, rimpianto, energia, o che altro?

Energia, sicuramente. Talmente forte da stimolare la fantasia in un percorso temporale dove la musica, l’arte, l’atmosfera ti fanno rivivere un periodo immensamente magico.

Nel mondo anglosassone il rock'n'roll è un elemento importante della cultura, mentre in Italia viene tuttora considerato un genere musicale di livello inferiore, rispetto al jazz o alla classica. In che senso invece un'esposizione simile costituisce un atto culturale, in questi tempi in cui si parla di cultura, spesso a sproposito?

Sono parzialmente d’accordo. Il rock non è considerato serie B rispetto al jazz o alla musica classica. Ci sono vari livelli di qualità. In Italia, almeno nel profilo dei musicisti che conosciamo, non vi sono grandi talenti del rock ma ottimi cantautori. Un’esposizione che indica un percorso storico attraverso immagini di artisti fondamentali rappresenta una proposta culturale. La cultura di sessant’anni di rock’n’roll è appropriata ai tempi che viviamo.

Ripercorriamo in breve le tappe della tua vita nella musica: come sei entrato in questo ambiente? Quali sono state le tue prime impressioni?

Ho avuto la fortuna di entrare in discografia quando era facile trovare un posto di lavoro. Quattordici anni alla EMI e poi oltre vent’anni alla CBS/Sony. Da ragazzino della promozione a direttore generale della più importante industria musicale. Ho vissuto nel periodo più ricco e creativo ed ho lasciato la discografia nel momento più arido e deprimente.

Ricordi un artista che ti ha sorpreso particolarmente per la propria carica umana? E uno invece che sintetizzasse lo stereotipo “genio e sregolatezza”?

Ho lavorato al fianco di oltre trecento artisti, italiani ed internazionali. Tra i personaggi più sensibili metterei sicuramente Bruce Springsteen, Eddie Vedder, Cyndi Lauper, Daniele Silvestri, per citarne alcuni a memoria. “Genio e sregolatezza” nel rock è abbastanza comune e, talvolta, anche un po’ per posa. Negli anni ’70 era all’ordine del giorno; personaggi come Keith Richards, John Lennon, Frank Zappa sono stati veri geni ed abbastanza sopra le righe. Oggi gli artisti pensano più al marketing, sia con l’immagine che con la musica.

Puntare sul talento di un artista è sempre una scommessa: quale ritieni di aver vinto contro ogni previsione? E quale invece pensi ti abbia deluso?

La delusione fa parte dei rischi, spesso la percentuale è elevatissima. Più rari sono i successi, il raggiungimento di risultati. Tra gli artisti scoperti da me, sicuramente Anastacia, Alexia, Anggun solo per citare quelli con la A … ma ad un grande successo, con il tempo, devi prepararti alla delusione. Arriverà sicuramente.

Le differenze fra gli anni in cui sei vissuto nel mondo musicale e l'età atttuale sono evidenti. Vorrei invece chiederti se pensi che esistano alcune analogie fra quegli anni e questi.

Nessuna. La musica ed il marketing si affidavano alla creatività, alla fantasia, al coraggio. Oggi ti affidi alla televisione, agli avvocati, ai ragionieri. Nessuna, proprio nessuna.

Pensi che internet possa ulteriormente cambiare il mercato della musica, intesa in senso ampio (non solo vendita di dischi, ma anche live)?

Internet non ha cambiato la musica, ha alterato solo l’industria ed i musicisti. La musica sarà sempre immune dai cambiamenti tecnologici. Le persone sono le vittime, artisti e fruitori.