Rossetti

interviste

Rossetti Busker, uomo, cantautore: ritorno alle origini

20/09/2019 di Barbara Bottoli

#Rossetti#Emergenti#Songwriting

Nel 2019 si può fare innovazione proponendo la tradizione, Giacomo Rossetti nel suo "L'Amore è una bicicletta con le ruote quadrate" torna al cantautorato classico italiano, riuscendo ad essere rassicurante, diretto ed emotivamente proteso verso l'ascoltatore, merito della sua vita da artista di strada. In questa chiacchierata con Mescalina conferma la dimensione umana diretta, di un uomo che non ha paura di esporsi, mostrarsi nelle passioni e solitudini, padre e compagno, attento all'altro più che alle dinamiche multimediali. Dopo la vittoria al Premio Bertoli, vent'anni di esibizioni, Rossetti si prepara ad un nuovo palco: il Premio dei premi e svela i progetti per il prossimo album, oltre a definirsi "controcorrente e poco scaltro". Rossetti riesce a trasmettere linearità e, chi è cresciuto illudendosi che l'artista debba essere coerente , stavolta, non avrà motivo per restare deluso, anzi, e ci piace condividere il suo pensiero: la musica avvicina le persone.
Mescalina: Nel 2018 hai vinto il Premio Bertoli, nella sezione Nuovi cantautori, col brano America; questo Premio è uno dei più importanti, come lo è stato Bertoli per la musica italiana, ma tu che rapporto hai coi cantautori “passati” e “presenti”? Perchè credi che America sia stata riconosciuta come un brano identificativo di un Premio così prestigioso?

Rossetti: I cantautori sono stati latte e biscotti fin da quando ero piccolino. Uno dei primi ricordi che ho, sono i viaggi in macchina con i miei genitori. Il mio babbo metteva le musicassette nello stereo e cantavamo Fabrizio De Andrè, Cocciante, Guccini, Baglioni… Sono cresciuto ascoltando e suonando di tutto. Poi, con il tempo, mi sono infiacchito. Da una decina d’anni sto vivendo una fase di monogamia musicale: ascolto solo un cantautore irlandese, si chiama Damien Rice. Ogni tanto sgarro con i Radiohead, o con Bruce Springsteen, ma poi torno sempre all’ovile. Dentro a questi repertori c’è tutto ciò di cui la mia anima sente di avere bisogno.

Sui nuovi cantautori italiani ho delle lacune. Non ascolto tante novità. Ogni tanto ci provo, vado per tentativi. Ho la necessità di ascoltare cose che a me giungano vere. Se sento odore di “prodotto confezionato” perdo l’attenzione. È come quando qualcuno ti parla e ti accorgi di non ascoltare; vedi muovere la bocca ma pensi ad altro. Il concetto dell’autenticità dovrebbe stare alla base di ogni processo creativo. Se non sei vero le persone se ne accorgono. E per rispondere alla tua ultima domanda, non conosco le ragioni per le quali il Premio Bertoli sia andato a L’America. Mi piacerebbe che quelle motivazioni abbiano avuto a che fare con l’onestà e la verità artistica di cui stavamo parlando.

Mescalina: Ascoltare il tuo album è semplice perchè hai scelto di parlare diretto, con la voce pulita, testi immediati e, nello scambio di ringraziamenti che c'è stato, la prima cosa che si percepisce di te è l'umiltà, termine che oggi sembra aver perso il proprio significato di forza valoriale e di ricchezza nei confronti degli altri. Sui social nei giorni scorsi, infatti, è stato postato un video della tua vita da busker, ma nel 2019 che siamo tutti tecnologici: si parla di visualizzazioni, follower .. cosa vuol dire essere un artista di strada e che senso ha?

Rossetti: Per tanti anni ho vissuto suonando solo nei locali. I miei datori di lavoro erano i proprietari delle attività notturne. Aspettavo le loro chiamate, facevo un calendario e poi andavo a suonare. Quando ho scoperto che potevo benissimo bypassare questo meccanismo è stato un sospiro di sollievo. Se suoni per strada sei definitivamente il datore di lavoro di te stesso. E c’è anche un altro aspetto: se vai a suonare in un locale devi impegnarti ad ottenere l’attenzione. Devi cercare un modo per imporre la musica sulle chiacchiere. Se non lo fai le chiacchiere ti fagocitano e chi suona diventa uno stereo di sottofondo, un contorno invisibile. Le persone escono per bere un bicchiere e chiacchierare: prestare attenzione alle canzoni del musicista è l’ultimo dei loro bisogni. Quindi spesso ti trovi a urlare su quel microfono, oppure a scegliere di fare un repertorio ruffiano, per ingraziarti l’attenzione del pubblico. Una gran fatica. Per la strada o nelle piazze è tutto più rilassante. Suoni quello che vuoi, coi tuoi tempi. Chi vuole ascoltare si ferma, chi non vuole tira dritto. Certo, il lato negativo è che capitano giorni in cui tirano dritto tutti. Ma ho scoperto che quelle sono le volte in cui sei meno predisposto a entrare in comunicazione con gli altri. Potrebbe non essere solo una combinazione.

Per quanto riguarda la tecnologia, per fortuna c’è una ragazza di Milano, molto brava, si chiama Maria. Lei è la persona che segue i social, e mi lascia la libertà di non badare alle visualizzazioni, ai follower e tutte le altre complicazioni. Mi limito a fare ciò che mi diverte fare… scrivere, suonare, girare i video e montarli.

 Mescalina: Sei completamente controcorrente: in un’epoca in cui tutti cercano modi alternativi di comunicazione, nel mondo musicale si cerca di essere “originali”e sintetici, tu lo sei scegliendo la strada cantautorale classica italiana, prendendoti il tuo tempo. Nei tuoi brani c’è qualcosa di trasversale sia dal punto di vista generazionale che musicalmente, facendo in modo che le tue parole smuovano un’emotività passata; nel senso che, dopo essere tratti in inganno dal titolo e dalla copertina, in realtà le tracce sembrano partire “dalla pancia”, creando la sensazione che riescono a creare solo brani del passato. Chi c’è nella tua formazione musicale e riascoltare i tuoi brani cosa ti fa provare? Giacomo Rossetti cosa pensa de “ L’amore è una bicicletta con le ruote quadrate”?

Rossetti: Vado a ritroso nelle risposte: L’amore è una bicicletta con le ruote quadrate è un album che ha avuto un parto piuttosto complicato. Inizialmente i brani erano dieci, una canzone si è persa per strada; le nove rimaste hanno cercato un modo per uscire e ci è voluto un po’. Ma come succede per ogni parto, alla fine non ricordi quasi niente del dolore. Almeno così dicono le mamme. Riascoltarlo mi alleggerisce da quel fagotto pesante di dubbi che ha gravato sulla schiena nel periodo precedente alla registrazione.

Sono cresciuto in una famiglia che mi ha stimolato alla musica. Il mio babbo suonava la fisarmonica e aveva una bella voce; è da lui che è passata la passione per la musica in modo così prepotente. La mia mamma invece mi ha insegnato a sentire: quando ero piccolino mi leggeva le poesie. Non le capivo mai. Lei mi dava la sua spiegazione dei testi; le chiedevo “mamma, qui cosa vuol dire? E qui invece?”. È da lei che ho imparato anche a farmi venire la voglia di leggere. Leggere è lo strumento più potente che esista. Se non leggo non scrivo, è una regola da cui non esco. Non ho mai avuto il dono della sintesi. Anche nelle canzoni mi prendo i miei tempi, hai ragione. Al tuo concetto di “controcorrente” aggiungerei anche quello di “poco scaltro”. Perché è tutto sbagliato il mio modo di scrivere canzoni, confrontato con i canoni odierni. Da qualche parte ho letto che l’ascoltatore medio lo attrai nei primi tre secondi. Se in quei tre secondi non attiri la sua attenzione, lo hai già perso. Contenuti brevi, veloci, accattivanti. Una specie di fast food: mangia velocemente e alzati in fretta. Le mie canzoni sono intime, spesso durano tanto e si ostinano a venir fuori in questa forma, di certo poco scaltra. Ma non badare alle mode e seguire i miei viottoli mi fa sentire a posto.

Mescalina: Questo album è veramente tuo, essendoti occupato di chitarre, pianoforte, basso, arrangiamenti, archi e testi, ma c’è qualcuno che ti sta accanto e ti sostiene in questo percorso solitario sia come uomo che come artista?

Rossetti: Nel disco hanno suonato dei musicisti: un trio di archi (violino, viola e violoncello), un bassista che ha suonato anche il contrabbasso in Lucifero, un batterista e un pianista. Io ho suonato le chitarre acustiche e elettriche, il pianoforte ne L’amore sbagliato e in Bastardi senza nome, e la traccia basica di basso in Un uomo non è un’isola. Gli altri pianoforti li ha suonati Giovanni Sala del Cantine di Badia Recording Studio, e si sente la differenza che passa tra uno scarpone come me e un Maestro come lui.

Parli di percorso solitario: il tema della solitudine ho scoperto essere ciò che più mi commuove nelle canzoni, nei libri, nei film, insomma, nelle storie in generale. Andare in giro a suonare col furgone mi dà la possibilità di viverla la mia solitudine e mi ci sento bene. Però ho una casa e ho un mutuo, finché morte non ci separi. Vivo insieme alla mia compagna e al nostro bambino che ha quasi due anni, con Gastone un Leonberger che somiglia più a un orso che a un cane, e quattro gatti. Roberta crede nei miei progetti tanto e forse più di quanto non ci creda io stesso: è una fortuna avere accanto una persona che sostiene i tuoi sogni senza frapporsi tra loro e te.

Mescalina: Il 5 ottobre sarai tra i partecipanti del “Premio dei Premi” al MEI di Faenza, in cui si riuniranno i vincitori di vari concorsi italiani di canzone d’autore intitolati ad artisti scomparsi; ci saranno come ospiti Riccardo Sinigallia, Giovanni Truppi, Ginevra Di Marco & Donà. Quando si partecipa ad un contest di questa levatura è più la voglia di arrivare nei primi posti o di sfruttare la vetrina? Tra i vari artisti che hai incontrato c’è qualcuno con cui vorresti collaborare? 


Rossetti: Poter partecipare al Premio dei Premi è un’occasione in più per far ascoltare le mie cose. Penso solo a questo: a suonare la chitarra e a cantare. Col tempo ho imparato a non avere tante aspettative. La mia mente era abituata a farsi i film col lieto fine, per poi scoprire quello reale, che magari non era così lieto. Aver smesso di farmi seghe mentali è servito anche a calmare i fantasmi. Quello che conta è poter continuare a esprimere idee, suonare, inventare melodie e dar loro un senso con le parole. Tutto il resto, nella musica, conta un po’ meno di questo. Quando dici “vari artisti che hai incontrato” intendi artisti famosi? Perché non ho mai avuto la fortuna di incontrarne. Se ti riferisci a quello e se posso sognare un po’, la risposta è senza indugi: mi piacerebbe poter aprire un concerto di Damien Rice. Non ho mai avuto il privilegio di parlare con lui, ma ho ascoltato talmente tante volte il suo repertorio da avere la sensazione di conoscerlo. Dal suo modo di scrivere canzoni ho acquisito una consapevolezza che prima non avevo: ho imparato a non aver timore a scoprirmi, a scendere nei meandri bui e scriverne. Una sorta di psicoterapia tra se stessi, lo strumento e il foglio di carta.

Mescalina: Curiosando i video su Youtube e sui tuoi profili social si nota come in questo album tu abbia scelto di essere il più aderente alla realtà, con la voce che resta chiara, limpida e c’è una perfetta corrispondenza tra live e album, credi resterà così anche per il nuovo album? O questo esordio ti ha fatto riflettere su alcuni particolari che, nel futuro, modificherai?

Rossetti: L’idea iniziale per la realizzazione dell’album L’amore è una bicicletta con le ruote quadrate era stata pensata ancora più estrema. Dato che in giro suono spesso da solo, avrei voluto che tutto l’album avesse lo stesso suono che hanno gli spettacoli dal vivo. Senza tanti fronzoli. La ragazza di Milano la produzione precedente (Universal) è stata registrata così, in presa diretta. Ma me la sono fatta addosso: ho pensato che un album intero di canzoni arrangiate solo con chitarra, voce, grancassa e qualche coro fatto con l’harmonizer, potessero spazientire chi ascolta. È per questo che sono state vestite con altri strumenti. Ma sono contento che i live non ti siano parsi così distanti dal disco registrato. Il prossimo album sarà in presa diretta: vorrei cercare, dove possibile di ridurre al minimo la presenza microfonica e usare meno post produzione possibile. Mi piace che il suono dell’album aderisca al suono dei concerti dal vivo. Mi pare un bel patto di autenticità tra chi suona e chi ascolta.

Mescalina: Tra le note della tua biografia si legge la passione per Damien Rice che nel 2000 ha abbandonato la musica per venire a fare il contadino in Toscana, allontanandosi dal mondo discografico che lo aveva nauseato. In Lucifero fai riferimenti chiari a un mondo di ipocrisia, dell’uso del potere che sfrutta le capacità altrui, a proprio vantaggio; come vede Rossetti il mondo? come vedi il mondo discografico? E come vedi il tuo futuro?

Rossetti: Questa è una domanda la cui risposta è difficile. Sento di avercele le parole, ma si aggrappano alla gola come scalatori a mani nude. Mi sento come quei mariti scoperti dalla moglie a letto con l’amante: il primo istinto è quello di risponderti “non è come sembra, nego tutto e posso spiegarti”. Ma non sarei credibile. Ho respirato solo una volta l’aria della produzione discografica. È stato istruttivo. Ho avuto modo di capire com’è che si muove quel mondo, e scegliere di allontanarmi non è stato semplice. Sono figlio di una mamma particolarmente apprensiva: le paure mi hanno sempre castrato, soprattutto per scelte importanti. Ma il coraggio non è altro che paura vinta e mi viene in mente l’esperienza di Damien: il suo salto nel vuoto per allontanarsi dal mondo discografico che lo aveva nauseato è stato un bell’atto di coraggio. E un insegnamento. Spesso le scelte più difficili da prendere e sostenere sono quelle che ti regalano una sensazione di libertà più grande. Come vedo il mio futuro? Spero diminuiscano i pannolini da cambiare e aumenti un po’ il tempo da poter dedicare alla scrittura. Da quando è nato Edoardo sono entrato in un letargo che tarda a lasciarmi svegliare.

Mescalina: Sono vent’anni che suoni, girando l’Italia, hai suonato in più di 1000 luoghi, tra piazze, locali, sarai pieno di aneddoti ti va di raccontarcene qualcuno?

Rossetti: Sono io che ringrazio te per la gentilezza che hai e per la possibilità che stai dando alla mia musica. Di aneddoti non ne ho e non so per quale ragione la mia memoria tenda a rimuovere ogni avvenimento accaduto prima di ieri l’altro. Posso provare a ricordare qualcosa relativa a una serata fatta ad un festival di buskers molto famoso qui in Italia. Era stata una serata piuttosto fortunata. Le persone avevano apprezzato lo spettacolo e me lo avevano dimostrato lasciando un bel po’ di spiccioli nella custodia della chitarra. Stavo rimettendo gli strumenti e salutando le persone: non mi ero accorto di alcuni personaggi piuttosto loschi che si stavano interessando alla custodia. Giravano come rapaci intorno alla preda. Se ne accorsero alcune persone che evidentemente conoscevano i tizi: mi avvertirono e si misero tutti in cerchio intorno a me, e mi scortarono fino al furgone, attraverso le stradine buie. Quando fui salito ci salutammo e partii per tornare a casa. È incredibile quanto la musica avvicini persone che non si sono mai viste né conosciute, e hanno avuto modo di incontrarsi e passare insieme soltanto un’ora della propria vita.