interviste
Rodolfo Montuoro Sfida di un musicista dialettico
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Mescalina:
A poco più di un anno dall'uscita
di "A_vision" ecco un nuovo disco così differente. Sembra
di capire fin da subito che ti interessa ricercare e sperimentare
nuove soluzioni. |
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Mescalina:
Secondo Nietzsche, questa "bestia
feroce", che ci fa paura tanto da costruire falsi idoli di conoscenza
per mascherarla il più possibile, è la nostra unica ancora di
salvezza, la nostra unica verità. Tu cosa ne pensi? Rodolfo Montuoro: Sì, questa è una verità. Non c'è dubbio. Ma è una verità meschina che non ci serve affatto perché, se fosse solo così e non potessimo fare altro che sottometterci a essa, vorrebbe dire allora che l'evoluzione dell'umanità alla ricerca del bello, del buono e del giusto non ha alcun senso. E invece noi sappiamo che questa spinta è forse l'unica cosa che potrebbe dare uno scopo plausibile alla nostra esistenza. Certo, la ricerca per affrancarci dalla "bestia feroce" è assai pericolosa. A volte, per attuarla, bisogna correre il rischio di far morire la nostra identità sociale, quella che ci rende uguali e bene accetti agli altri, o di cambiare completamente natura fino a diventare irriconoscibili anche a noi stessi. Hannibal, in questo senso, è esattamente il contrario della bestia feroce assetata di sangue: potrebbe essere invece - con le stesse devastanti intenzioni poetiche di un Keats - il più estremo e infallibile alleato nella nostra ricerca della bellezza, della verità e del cambiamento. Mescalina: Il sentore di rituale, di ancestrale, proviene anche dal tuo brano "Hannibal", così percussivo, ritmato e aggressivo rispetto al resto del disco. Lo sentivi così da subito oppure si è costruito in questo modo in successive evoluzioni? Rodolfo Montuoro: "Hannibal" è la title-track dell'album. Ma è anche la chiave che contiene i codici per decifrarlo. Questa intenzione c'era sin dall'inizio. C'è l'inquietudine, il nervosismo, il senso dello smarrimento e un certo sentore di tragedia. C'è il magma primitivo delle percussioni che, però, è continuamente ricondotto rigorosamente agli "armonici" e alla metrica. In questa pezzo, infatti, l'intenzione è quella di stabilire un conflitto, un passo dispari tra il ritmo e la melodia. Un conflitto che si manifesta dialetticamente. E questa intenzione oppositiva, contraddittoria si percepisce in tutto l'album. A volte nella musica, altre volte nei testi. Ma c'è sempre un procedere dispari. Ad esempio, in uno dei brani apparentemente più "conciliati" e melodici come "La lettera" il contrasto è dato dalla scelta stessa dell'autore del testo, che è Henry Barbusse. Hernry Barbusse era un naturalista/positivista in letteratura e uno stalinista in politica. Era considerato un intellettuale granitico e spigoloso, tutto d'un pezzo e con tre narici. Eppure nei versi della "Lettera" rivela una delicatezza, una profondità di sentimenti, una sensibilità, una padronanza delle sfumature del cuore che stride moltissimo con il suo carattere "pubblico". Nel brano "Le parole", invece, la contraddizione è insita nel testo che rivela come - a volte - in uno sguardo assente o obliquo o in un comportamento apparentemente ostile possa invece esserci una grande compartecipazione umana, un'indicibile e fortissima solidarietà. Tutto l'album è segnato da queste oscillazioni, da queste contraddizioni. Addirittura c'è un brano ("Anima") che è suonato due volte: una prima versione ("Anima I") è acustica, rarefatta, minimale, fatta solo di voce e chitarra; l'altra ("Anima II") invece è elettronica e generosamente progressive. Qui, addirittura, ho messo in conflitto un brano contro se stesso e, pur avendo le medesime parole, le due versioni ispirano significati profondamente diversi e sembrano irriconoscibili. Quindi, per tornare alla tua domanda iniziale, direi che la title-track, con un mood "tribal" opposto alla sua simmetria, condensa e semplifica un'intenzione che corre lungo l'intero album. E Hannibal qui diventa davvero il Signore e il Maestro delle contraddizioni. Mescalina: Infatti il disco riesce a presentare senza problemi di continuità brani come "Hannibal" oppure "Le parole" e brani delicatissimi come "Ghostmusic", "La lettera" o "Anima I". A proposito di quest'ultimo: riprende il mito di Eros e Psiche. Parlaci un po' del brano. Rodolfo Montuoro: "Anima I" e "Anima II" sono dedicati al mito di Eros e Psiche. E qui Hannibal diventa la controfigura di Eros perché produce l'incontro erotico per eccellenza. Ti infligge la ferita, ma nello stesso tempo ti regala una nuova identità, quella che si accorda ai tuoi veri desideri, che tu sia un serial-killer o un poliziotto della Cia (come nel film con Antony Hopkins e Jodie Foster). Insomma, ti fa davvero diventare quello che sei, senza tanti tabù o alibi morali. Porta alle estreme conseguenze il tuo carattere, il tuo daimon. Se sei votato al male diventerai un assassino. Se sei votato al bene, diventerai l'amante perfetto. Se sei quel poco che sei (e non puoi essere altro), sarai divorato. Quando Eros ti chiama, diventi quello che sei. Ed è a questo momento misterioso e pericoloso della "chiamata" che è dedicato il brano. Mescalina: Che legame ha con Hannibal di cui parlavamo poco fa? Sembrano essere due volti psicologici del disco. Rodolfo Montuoro: Eros/Hannibal ti mette alla prova. Così come avveniva nell'antico mito di Eros e Psiche, anche Clarice (l'agente della Cia Jodie Foster) deve superare degli ostacoli. Innanzitutto, dovrà imparare a non rivelarsi, a tenere sotto controllo le sue emozioni e a rendersi quasi invisibile. Poi c'è la ricerca pericolosa della verità, la cura del dettaglio e l'attraversamento dell'ombra e dell'orrore. Infine dovrà affrontare, da sola, il mostro nella sua casa, per stanarlo e ucciderlo. Queste prove sono più o meno speculari a quelle che, nella favola di Apuleio, Eros infligge a Psiche, per farla ricongiungere a lui e conquistarle l'immortalità: separare e distinguere i semi mescolati, affrontare una bestia feroce per strappargli un ciuffo d'oro, raccogliere in un'ampolla l'acqua dello Stige e, infine, portare in dono a Venere, dall'Ade, un vasetto di unguenti cosmetici. In entrambi i casi, sia per Clarice che per Psiche si tratta di prove che addestrano alla cura del dettaglio, all'autodisciplina, allo smarrimento (la discesa agli inferi) e al ritrovamento, al dosaggio dei desideri (contenere l'acqua nell'ampolla), all'astuzia e alla tenacia. È sintomatico che, in questo nostro tempo, sia Hannibal a diventare il vero Eros, il vero mentore di Clarice, l'autentico amante dell'anima. È un'istigazione potentissima la sua, che pone questioni di vita e di morte e mostra quanto siano influenti le forze dei desideri e dei sentimenti e quanto sia importante averne il controllo. E rivela anche quante chances di vita possano donare, a patto che si sia disposti a essere forti, a superare per essi le prove più estenuanti, a comprenderli fino in fondo e a farsene carico. È un messaggio non banale in un'epoca come la nostra in cui i sentimenti sembrano sempre più sbiaditi, falsi e meccanici. È un messaggio anche molto ambiguo e tremendo, perché per Hannibal non c'è nessuna differenza tra il desiderio del serial-killer cannibale e il desiderio di salvare il mondo dalle grida degli innocenti. Ma tutto questo è una miniera d'oro per l'ispirazione musicale e poetica. Mescalina: Dioniso come Hannibal praticava l'omofagia. Tutto mi ricorda una delle versioni del mito di Arianna che, abbandonata da Teseo a Nasso, viene raccolta da Dioniso e riesce momentaneamente a placarlo. È possibile placare Hannibal? Rodolfo Montuoro: Se vogliamo credere alle congetture che abbiamo fatto finora, Hannibal deve essere implacabile. Non può non esserlo. Guai se non fosse così. Diventerebbe una caricatura. Non servirebbe a niente. Mescalina: "Mithologies I": questo è il sottotitolo del disco. Walter Benjamin vede il mito come una forma di conoscenza, dove però il fatto stesso di parlarne testimonia la nostra uscita da esso. È legato al senso del sottotitolo oppure la tua strada è differente? Ne stiamo parlando perché ne siamo usciti? Rodolfo Montuoro: No, per me è il contrario. Ne parliano perché vogliamo entrare in esso. Entrare in questa dimensione mitografica o mitologica non significa perdere la cognizione del presente, della realtà, della storia, delle relazioni tra la causa e l'effetto. Della razionalità. Fare "mitologia" è un esercizio erratico di composizione, di invenzione e, nello stesso tempo, di comprensione profonda e immedesimazione. Il sottotitolo, in verità, ricalca un saggio ben noto di Roland Barthes che, cinquant'anni fa, confessava un certo "sentimento d'impazienza" rispetto al modo in cui la comunicazione, l'arte, il senso comune o la cultura accademica davano per scontata l'attualità del presente senza interrogarsi su di essa. La stessa "impazienza" che probabilmente provava anche Pasolini nei suoi "Scritti corsari" quando cercava di prendere sul serio la moda dei jeans Jesus e quella dei capelloni, e di spiegarsela. Devo dire però che io non ho nessuna intenzione semiotica o demistificatoria. Sono un poeta e un musicista e divoro il pasto assai nutriente delle mitologie passate e presenti così come farebbe Hannibal con le sue vittime … Certo, che se fai "mitologia" attraverso la musica o la poesia, se metti in cortocircuito immagini forti della tradizione con emergenti figure e simboli (altrettanto impressionanti) dell'attualità o della contemporaneità, il risultato può anche essere fulminante e creare una diabolica moltitudine di significati e di suggestioni. Con Hannibal, per me, è stato così. Mescalina: Parlando un po' delle musiche, invece, è un disco molto centrato sugli strumenti a corda. Le chitarre hanno un ruolo molto importante. Come mai questa scelta? Rodolfo Montuoro: Chitarre e percussioni (del didjeridoo abbiamo già parlato) danno l'identità all'intero album. A differenza di "A_vision", in cui la compagine dei musicisti era molto ampia per conferire al disco un tenore epico, qui invece ho voluto impiegare la struttura classica del gruppo rock, con batteria, chitarra e basso. Se davvero vuoi dare un senso di profondità, devi semplificare, devi munirti di un'attrezzatura molto flessibile ed elementare. Così puoi scavare o librarti meglio. Certo, la melodia, in questo caso, dev'essere potente e identificabile. E, infatti, per "Hannibal" è così: ci sono delle melodie forti, molto definite e "attraenti", che legano assai bene con l'immediatezza e l'intensità delle chitarre. Questo intreccio tipicamente rock conferisce all'album una identità precisa e riconoscibile. Mescalina: La produzione artistica dei fratelli Scarpato ha portato ad orientarti più verso il rock. Se dovesse esserci un "Mythologies II", come sarà? Rodolfo Montuoro: Certo, quando ho concluso la composizione dei pezzi sapevo già che le figure più adatte per la produzione artistica non potevano che essere i fratelli Scarpato, due musicisti con una grande esperienza di studio e di palco e una formidabile maestria dei propri strumenti. Li ho cercati e, per fortuna, li ho trovati. Per "Hannibal" mi servivano le coloriture ricchissime delle percussioni di Gennaro e l'inquieto e nello stesso tempo rigoroso virtuosismo chitarristico di Giuseppe. Penso che siano tra i migliori e più eclettici musicisti sulla scena rock italiana e, per me, è stato veramente emozionante lavorare insieme a loro. C'è una grande intensità e familiarità tra di noi. Insieme a Giuseppe e a Gennaro e agli altri splendidi musicisti (Walter Mandelli, Fabio Puglia, Ezio Salfa e Francesco Gabbanini), Hannibal è stato veramente in ottima compagnia. Sono certo che il nostro sodalizio sarà ancora molto forte e fecondo. Ma anche la nostra Special Guest è stata straordinaria. Si tratta di Anna Zoroberto, una star internazionale, soprano titolare al Teatro della Scala di Milano, una delle più belle voci liriche oggi in circolazione. In due brani dell'album ha offerto un'interpretazione maestosa e commovente della voce di Psiche. Mi chiedi delle prossime "Mythologies". In verità, ho già concluso il lavoro compositivo. Il nuovo album sarà tutto dedicato alla notte e, prima dell'estate, lo porteremo in studio. Ma sarà una notte colorata e furibonda di sfumature, come nelle più emozionanti tele di van Gogh. Mescalina: Per ora direi che possiamo salutarci. Rodolfo Montuoro: Salutarci? Perché mai? Io e Hannibal vorremo dirti una cosa… |