
Manuel De Sica Di figlio in padre
Bompiani Overlook, 2013 Biografie | Cinema
13/09/2013 di Elena Bertoni
E’ questo purtroppo il caso di Di figlio in Padre scritto da Manuel De Sica, valente musicista ed autore di parecchie colonne sonore di successo, ad esempio de il Giardino dei Finzi Contini, che in questo suo ultimo lavoro letterario ci parla del suo monumentale padre Vittorio, uno dei più grandi registi-attori italiani, amato ed apprezzato anche all’estero tanto da essere considerato un esempio per molti cineasti mondiali.
Il libro, corredato da alcune belle fotografie, è composto da tanti micro-capitoli in cui si alternano in modo casuale racconti ed aneddoti sul celebre Vittorio ed esperienze personali dell’autore.
Dal suo osservatorio privilegiato, ma in modo che risulta molto distaccato, Manuel racconta del padre che trascorreva una sera a casa con lui, il fratello Christian e la madre Maria Mercader, e una sera a casa della prima moglie Giuditta e la figlia Emi, cosa che provocava liti furibonde con la Mercader, del vizio di Vittorio per il gioco d’azzardo che lo costringeva ad accettare anche parti non certo degne di un grande artista pur di guadagnare dei soldi che poi perdeva regolarmente sul tavolo verde, del teatro che improvvisava a casa propria costringendo i due figli a recitare davanti ad invitati del calibro di Alberto Sordi, Gino Cervi, Paolo Stoppa. Non mancano episodi legati alla vita sul set, il lavoro con gli attori, la collaborazione con Cesare Zavattini, il grande Za, sceneggiatore di alcuni tra i più celebri capolavori di De Sica, quali ad esempio Ladri di Biciclette ed Umberto D dedicato al padre del grande regista. I racconti legati alla figura del padre, si alternano ad episodi, spesso privi di interesse, legati alla vita dell’autore, di carattere piuttosto chiuso ed introverso, l’esatto contrario del ben più famoso fratello Christian, la sua passione per la musica, i suoi studi, il suo impegno quale fondatore e presidente dell’Associazione Amici di Vittorio De Sica che si occupa di recuperare, restaurare, preservare e conservare le opere paterne “quei film che papà credeva sarebbero stati eterni”.
Alcune pagine del libro sono dedicate agli ultimi anni della esistenza terrena, conclusasi nel Novembre del 1974, di Vittorio de Sica, anni in cui il grande regista ed attore trascorreva molto tempo con il figlio Manuel andando al cinema o ascoltando musica, ma anche qui la narrazione di Manuel è fredda e non lascia trasparire alcun sentimento, che sia amore, risentimento o tenerezza.
Il libro non è noioso, è scritto bene ma Vittorio De Sica, un nome che tutto il mondo ci invidia, merita ben altro.