Karen Essex

Karen Essex I cigni di leonardo


Milano, Bompiani 2006 - Pagine 392, € 18.00 Narrativa Straniera

di Luca Meneghel
Dopo la sbornia leonardesca inflittaci da Dan Brown con il suo “Codice Da Vinci” , è Vittorio Sgarbi a promuovere un nuovo libro sul maestro del Rinascimento, un’opera che promette di rendere maggior giustizia a Leonardo: si tratta de “I cigni di Leonardo” , recentemente edito da Bompiani, scritto da Karen Essex, giornalista e scrittrice statunitense già autrice di biografie storiche illuminate da straordinario successo.
Dimenticate Graal e Maddalene, Opus Dei e strani codici celati in capolavori artistici: primo perché il Leonardo della Essex è un genio molto più “ordinario” (o quantomeno non depositario di segreti che minerebbero le fondamenta stesse dell’umanità), secondo perché a dispetto del titolo il genio e i suoi cigni (il riferimento è alla famosa Leda che campeggia in copertina, la cui copia sta oggi alla Galleria Borghese di Roma) non sono i protagonisti assoluti della vicenda, ma devono fare i conti con figure di maggior spicco e maggior spessore psicologico. “I cigni di Leonardo” mette in scena le vicende delle sorelle Beatrice e Isabella d’Este, dal 1489 al 1506: in questo lasso di tempo sposeranno Ludovico il Moro, duca di Milano, la prima e Francesco Gonzaga, signore di Mantova e abile condottiero, la seconda. Diciassette anni, dunque. Anni durante i quali Beatrice e Ludovico avranno alle proprie dipendenze Leonardo da Vinci e faranno di Milano una “novella Atene”, fatta di feste e straordinarie opere d’arte (come Santa Maria Novella, abbellita dalla cupola del Bramante e dal Cenacolo vinciano), mentre Isabella d’Este, raffinata intellettuale oltre che dama ammirata in tutta Europa, dovrà fare i conti con minori possibilità economiche rispetto alla sorella (nessun Leonardo per lei, le toccherà “accontentarsi” di Mantegna) e conseguenti moti d’invidia, una sorta di leitmotiv che percorre tutte le pagine. La storia con la “s” minuscola delle due sorelle si scontra però, inevitabilmente, con la grande Storia: gli odi, la diplomazia, le sottili rivalità tra gli stati italiani e le mire francesi sulla nostra penisola, eventi grandiosi e sanguinosi che segneranno profondamente anche la vita dei nostri personaggi.
I personaggi, appunto. Karen Essex ha saputo rendere con le parole le grandi personalità che hanno ravvivato la scena italiana di fine quattrocento: è interessante leggere cosa Beatrice, ancora adolescente, può aver sentito durante la prima notte di nozze con Ludovico il Moro, così come renderci conto che personaggi mitici della stregua di Leonardo erano, certo più geniali, ma anche pigri e poco ligi al dovere come noi. Se dovessi dare un nome a quello che Karen Essex ha fatto con “I cigni di Leonardo” , parlerei di un opera di grande “umanizzazione”: ha reso cioè palpabili, vicini a noi, il genio di Leonardo da Vinci, il fascino di Isabella d’Este, l’esuberanza di Beatrice, le manie di grandezza e l’astuzia del Moro, i pregi e i difetti del Gonzaga. Un grande affresco, insomma, con vincitori e vinti, anche se i confini tra le due categorie sono spesso labili e scivolosi.
L’affresco rinascimentale della Essex è fatto di pennellate leggere, sobrie, di un linguaggio piano e allo stesso tempo suadente e suggestivo: lontano dalla ricercatezza linguistica di “Rinascimento Privato” della Bellonci, ma allo stesso modo efficace. Due sono gli aspetti vincenti dell’opera, oltre al plot senza dubbio avvincente (ma per questo, nonostante sia romanzata, la storia reale ci ha messo del suo): prima di tutto la capacità di vedere la storia con gli occhi delle donne, quelle donne così assenti nella storia ufficiale eppure così presenti dietro le quinte (del resto c’è una grande donna dietro ogni grande uomo, no?); in secondo luogo, l’arte rinascimentale: quella di Bramante, di Mantegna e soprattutto di Leonardo, con le sue La dama con l’ermellino (ritratto di Cecilia Gallerani, prima amante del Moro e personaggio di un certo peso) e La bella Ferroniere (ritratto, ma non ci sono certezze, di Lucrezia Crivelli, seconda amante del Moro), il Cenacolo di Santa Maria delle Grazie e i suoi studi anatomici, bellici, eolici e chi più ne ha più ne metta.
Un bel libro, senza mezzi termini. Ben scritto, ben orchestrato, ben preparato (l’accuratezza storica non è perfetta, ma per essere un romanzo l’Essex si è preparata bene sulla materia) e alla fine capace centrare quella enorme suggestione che il Rinascimento e i suoi maestri sanno sempre esercitare sui lettori. Senza contare che è riuscita a rendere interessanti le guerre tra gli stati italiani: alla faccia di tutti i nostri libri di storia.