Francesco Montalto

Francesco Montalto Stabili equilibri precari Poesie (2008-2011)


ilmiolibro Poesie

12/06/2014 di Eliana Barlocco
 

Da sempre ci chiediamo dove siamo e dove andiamo. Se lo è chiesto Gauguin nel suo stupendo quadro-manifesto “Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?”; se lo è domandato, più recentemente, David Bowie in “Where are we now?” e probabilmente il quesito se lo è posto anche quello sconosciuto che nel lontano 30.000 a.C. circa ha lasciato l’impronta della propria mano incisa sulla caverna di Gargas come a dire: io ci sono. Ora. E poi?

Così in questa silloge dal titolo Stabili Equilibri Precari l’autore, Francesco Montaldo, a suo modo ci riporta ad un tale interrogativo affermando, nella breve prefazione, che “ Non si può chiedere più di quanto si dà, non ci si può aspettare più di quanto non ci si aspetta da se stessi”… ma cosa ci aspettiamo da noi stessi?

Le 28 liriche, che si snodano a verso libero, tratteggiano un’umanità assente con i propri circuiti chiusi al mondo, impegnata a far “…sforzi imbarazzanti/ per equilibrare pesi/ sempre più squilibrati”, a vivere persa in se stessa e nel mondo tra “..umori senza senso/domande e risposte/ come un pendolo/ dondolando fuori tempo”, con la paura di scoprirsi tanto da cercare un velo per proteggersi persino dal buio “un velo che mi copra/ ma soltanto per poco/ dal buio sempre più buio/ di un’esistenza in perenne equilibrio precario”.

Se è vero che l’equilibrio per definizione non può essere che precario, è altresì vero che per definirsi equilibrio deve raggiungere anche una minima stabilità: di movimento e di pensiero.

Ed ecco un po’ l’assurdo che si palesa chiaramente nell’ultima poesia della raccolta: “piove costantemente/ gocce a vuoto/ una dopo l’altra/ sentire il rumore delle indecisioni/ e bagnarmi anche al riparo”.

La vita vuota ci raggiunge anche se ne stiamo lontani e, indecisi sul da farsi, non possiamo consapevolmente distoglierci dal contatto, appunto inevitabile, della stessa vita.