Pawel Pawlikowski Ida
2013 » RECENSIONE | Drammatico
Con Agata Kulesza, Agata Trzebuchowska, Dawid Ogrodnik, Jerzy Trela
15/07/2015 di Alessandro Leone
Wanda è cardine della ricostruzione con il sangue ed il suo ruolo di giudice la porta a compiere, in nome della neonata Polonia delitti sotto forma di pena di morte che del bisogno di “pulizia” ne fanno elemento essenziale per la ripartenza. Quando Wanda non è un giudice, si immerge nella solitudine cercando di distruggere se stessa attraverso amori passeggeri, fumo ed alcool. E’ per questo che il viaggio alla ricerca dei resti di sua sorella (e secondariamente suo cognato), genitori di Ida, è allo stesso tempo un cammino di redenzione. Scoprire dove giacciono i corpi è l’ultimo passo verso l’auto-realizzazione e l’approdo finale. Wanda si suicida in uno dei suoi rari momenti di lucidità, catapultandosi dalla finestra senza esitazione e diventando martire in nome della ricostruzione tanto agognata. Vedere sfuggirsi Ida che rifiuta il mondo per quello che è, risulta essere l’ultima e definitiva conferma che lei è sola al mondo e che per smorzare la solitudine, scaturita da un dolore troppo intenso da digerire, non resta che eliminarsi perché in fondo noi stessi siamo nostri nemici.
Quando Ida invece, nella sequenza iniziale, appare recalcitrante all’idea di conoscere questa fantomatica zia capiamo strada facendo quanto la sua sia una copertura dagli stessi dolori testati dalla sua parente. Ma Ida è cresciuta sotto il segno dell’austerità, della rigidità, dove persino una risata è vista con sospetto. Quello che la “sorella” cerca di compiere è un tentativo con l’altra parte di se stessa: scoprire se le esperienze comuni possano allontanarla dalla fede e se prendere i voti sia la scelta giusta. Alla morte della zia, rivive per una notte le sue tradizionali notti ma, dopo quella che si presume essere la perdita della verginità, la parola “futuro” la spaventa e lascia la vita quotidiana nascondendo nuovamente i suoi capelli rossi per probabilmente prendere i voti da impura e da peccatrice. D’altronde Ida sviluppa una nomea non proprio positiva: la zia sceglie per lei l’appellativo di “suora ebrea” e per questo porta sulle spalle sia un recente passato di soprusi che ha dimezzato la sua famiglia ma soprattutto la colpa di aver abbandonato la sua tradizione per il cattolicesimo, come molti ebrei in passato, che siano askenaziti, sefarditi, levantini o ponentini sono stati costretti a fare.
Per cui il film breve ma intensissimo, tanto da farlo risultare più lungo di quello che realmente è, muove i suoi intrecci in un paese senza colore tra i ruderi di case abbandonate e ripopolate e carcasse di defunti e martiri ma può essere allo stesso tempo paradigma di una Polonia che ancora sta cercando la sua forma d’essere oppure, meglio, il suo posto nel mondo.