Il Giullare E Altre Storie<small></small>
Emergenti

Simone Avincola Il Giullare E Altre Storie

2009 - Self

06/05/2009 di Massimo Sannella

#Simone Avincola#Emergenti

Simone Avincola è un “moderno” cantautore di “vecchio stampo”, di quel conio che purtroppo non se ne fanno più. Nel corso delle tonnellate di recensioni che ho scritto, più volte mi sono ritrovato ad esclamare “geniale!!” sopra un prodotto ottimo che mi veniva recapitato a tiro, ma forse è ora di gridare “miracolo” catturando gli imput de “Il giullare e altre storie”, scritto e musicato da un musicista che sceglie la disumanità della storia al vuoto di tendenza. Ma non credo nei miracoli, quanto ad una visione lungimirante: vedo in lui il probabile ritorno al futuro dell’arte dell’alto cantautorato impegnato che fa amare e incazzare, sognare e pensare. Intestatario di un suono folk-poetry di derivazione Gucciniana, l’artista romano racconta attraverso gli occhi di un giullare prossimo alla condanna a morte la metafora umana e sociale della “condizione debole” soggiogata “dal potente”. Il tutto messo giù in rima come da tradizione, con una padronanza di lingua e metrica invidiabile davanti ad una musica semplicissima di chitarra acustica, fisarmonica, tastiere, armonica e qualche percussione; musica stesa in ballate semplici come sottofondo non invasivo al servizio di quello che un Frankie Hi Nrg Mc - dal lato opposto dello stile - definiva “Potere alla parola”. Un quasi concept dove appunto la lingua viene usata come un arma precisa e potente; brano dopo brano si fa parkour tra quel Medioevo e “questo” Medioevo, in cui tutto torna e ritorna beffando il tempo: l’oppressione sociale (Il giullare, Il nano di corte), il sogno e la fuga (Il viandante), i luoghi del potere (Il castello), l’ingiustizia (Il condannato), l’arroganza legale (Il boia, Il re). Un album che si innalza al cielo come chi si prepara ad affrontare la vita a muso duro, che conserva il sapore della strada come punto focale di osservazione e speranza (La strega di Portobello), stupenda canzone versata in un muffin-latin sugli onirici dilemmi di Coehlo. E ancora il barocchismo della disuguaglianza (Oltre il cancello), la tracotanza dell’opulenza a ritmo di salterello e blues (Il paese), fino alla resa dei conti, la summa dell’ingoiato a denti stretti, dello sfogo contro le alcove del potere (Io dico basta), urlo della rivalsa e della denuncia, dello sputare in faccia alla falsità le verità con la foga carrettera combact di chi rivuole indietro quel pezzo di luna che gli spetta, quello spicchio di sole, quell’oceano di terra e libertà che è di tutti. Onore a Simone Avincola, questo giovanissimo minstreal che, insieme a Matteo Alparone al basso, Edoardo Petretti alle tastiere, percussioni e Pete Seeger e Dylan in cuore, ci rocambola nei magniloquenti anni 60/70 della protest-song, ricacciandoci in gola – con la sola arma di una chitarra acustica - la rabbia, l’amore e una lacrima sotto un cielo di stelle spente, precari e rate Findomestic.

Track List

  • Il giullare|Il nano di corte|Il viandante|Il castello|Il condannato|Il boia|Il re|La strega di Portobello|Oltre il cancello|Il paese|Io dico basta (bonus track pubblicata su Beppegrillo.com)