Nina Simone Forever young, gifted & black
2006 - RCA
Delle ristampe pubblicate quest’anno, “Forever young, gifted & black” è forse quella più rappresentativa dell’artista e della donna. Non solo perché contiene alcune delle sue migliori canzoni, in versione più o meno inedita e dal vivo, ma perché qua ogni brano vibra in modo esemplare di quella passione e di quella coscienza che la voce di Nina Simone seppe sempre tenere ben alte, senza retorica alcuna.
Sono undici pezzi, sparsi tra il 1967 e il 1969, in cui soul e r&b non vengono farciti di svolazzi come si fa oggi, ma lasciati a sferzare l’anima dell’ascoltatore nella loro essenza.
Apre e chiude la title-track, con una serie di stop che rendono ancora più fiere le parole dedicate ad una drammaturga militante afroamericana. In mezzo sono raccolte canzoni che marciano per rivendicare diritti e dignità: “Why’” è suonata dal vivo tre giorni dopo la morte di Martin Luther King, mentre “Mississippi Goddam”, uno dei testi più ferocemente antirazziali di Nina Simone, è cantata in modo davvero upset.
Con l’autorità della sua voce anche pezzi bianchi e folk come “Turn! Turn! Turn!” (Byrds) e “The times they are a-changin´” (Bob Dylan) cambiano pelle, ma le cose migliori sono l’r&b teso di “Ain´t got no/I got life” e i richiami all’Africa di una “Westwind” improvvisata sulle percussioni. Le parti parlate, per la prima volta presenti in versione integrale, rendono ancora più evidente la consapevolezza di una personalità rara.
Roba che chiunque, indipendentemente dall’età, dalle capacità o dal colore della pelle, non dovrebbe permettersi di suonare o anche solo di nominare il soul e l’r&b senza prima aver rivolto un inchino a Nina Simone.