Il brano presentato per due volte sul palco dell'Ariston è Mentre ti parlo, una power ballad molto radiofonica dal ritornello ripetitivo e martellante. Nonostante le buone premesse e l'attenzione dei media dovuta all'errore nel conteggio dei voti, il pezzo non ha riscosso grande successo. Probabilmente in parte ciò è dovuto al fatto che la voce di Miele non riesce a distinguersi e a colpire l'ascoltatore, rimanendo sempre troppo simile a quella di altre colleghe del mainstream pop come Emma, Bianca Atzei ed Alessandra Amoroso. Nel suo disco d'esordio, Occhi, che funge da punto di partenza per la sua carriera presentando altri sei brani oltre a quello sanremese, la vocalità della siciliana si esprime al meglio nei pezzi dalle influenze rock come M'ama non m'ama, Grande figlio di puttana e Questa strada.
La carica pop rock di quest'ultima traccia, che farebbe un'ottima concorrenza in radio a molte hit, rappresenta il mondo nel quale la voce graffiante di Miele è più a suo agio e risulta meglio spesa. Oltre all'energia emanata dall'arrangiamento la canzone riesce anche a trascinare emotivamente l'ascoltatore, catapultato in un testo che sprigiona voglia di fare, di andare avanti nonostante le incertezze e le delusioni ricevute (“sapessi quanto vento nella testa, sapessi quante pietre nelle mani, sapessi quanto sangue nelle vene mi fa battere il cuore e gridare”). Questa è la canzone più aperta e ariosa del disco, che fotografa il momento in cui un'artista, una persona ha voglia di dare se stesso e andare avanti, di accettare i rischi e di aggrapparsi alle ultime speranze, avventurandosi nel proprio lavoro e nella propria vita come fosse una strada sconosciuta; lo si evince da alcuni passi della prima strofa: “sangue del mio sangue questa strada mi ha portato troppo lontano da casa […] ancora a camminare nella nebbia con le braccia tese verso il mondo”.
La nebbia come metafora di incertezza ritorna anche in una delle ballad migliori del disco, Gli occhi per vedere, che chiude il lavoro con una parentesi intima molto ben riuscita insieme a Parole al vento; nel primo dei due pezzi, che fa da contraltare all'apertura di Questa strada, Miele inizia con le parole: “ritornare a casa quando la festa è finita”, una riflessione sul suo “viaggio”, sulla sua ricerca della realizzazione. L'atmosfera si fa molto più delicata e la voce della cantante ritorna di nuovo molto simile ad altre ben più note; tuttavia la grande carica emotiva distoglie l'ascoltatore da questo dettaglio. Lo stesso discorso vale per Parole al vento, che in alcuni passaggi richiama molto i brani più riusciti di Amara, un'altra giovane artista passata da Sanremo giovani negli ultimi anni.
Dunque, sebbene Miele non possa vantare un timbro originalissimo, più che altro a causa della saturazione di interpreti femminili dalle voci graffianti avvenuta nel mercato italiano negli ultimi anni, ci sono degli spunti interessanti in questo breve lavoro d'esordio. La speranza è che per il suo futuro la giovane siciliana non perda la voglia di fare che si sente nei suoi pezzi, nonostante la grossa delusione sanremese, e decida di puntare sulle influenze rock e sulle ballad intense che in questo disco sono gli elementi più interessanti.