Micah P. Hinson Micah p. hinson and the opera circuit
2006 - Sketchbook
Se l’inizio è quello di un dolente crooner che contiene la propria vocalità, il seguito è prima una veloce danzetta dai sapori balcanici, poi una sagra tex-mex con Micah alla guida della banda del paese.
E più si avanza nei solchi delle nuove tracce del songwriter di Memphis (anche se questi undici nuovi brani arrivano da Abilene, Texas) più ci si accorge che qualcosa suona storto. “Drift Off The Sleep” è sbilenca, incompiuta, tutto il contrario di quello che erano le canzoni precedenti, sostenute sì dalla sua voce davvero speciale, ma anche da una base melodica efficace e trascinante che le rendeva compiute, straordinariamente adulte. Anche stravolte in versione live.
In questo lavoro Micah sembra divertirsi e soffrire: dicotomia che può spiegare le difficoltà personali ed artistiche in cui sono nate le canzoni di questo disco. Se “Letter to Huntsville”, brano che sembra suonato tra le vie di New Orleans, regala un veloce sorriso, “Little Boys Dream”, scura e decadente, lo spegne subito con un magone contenuto a fatica.
“You’re Only Lone” sembra invece rubata al disco precedente, con la differenza che la voce di Hinson in questo caso sembra filtrata da un megafono. Quasi a voler fare un dispetto a tutti coloro che erano rimasti impressionati dall’ugola di un ragazzino che cantava come solo alla fine Johnny Cash.
E certo “Don’t Leave Me Now” con quel piano e quei violini così “stanchi”, non basta a risollevare le sorti di un disco che sembra un passaggio indispensabile per guarire del tutto.
Raccogliamo quindi l’accorato appello dell’ultimo brano e lo aspettiamo. Perchè Micah P. Hinson resta uno degli artisti più interessanti di questi ultimi anni.