Miami & The Groovers Merry go round
2008 - Autoprodotto
Anche in questo caso tutto è scelto a tema di un rock made in U.S.A. che ha fatto sognare più di una generazione: già la copertina richiama alla mente il romanticismo di uno Springsteen giovanile (e non solo lui), ancora attratto dalla promenade di Asbury Park.
I Miami & The Groovers si riallacciano a quel tipo di innocenza e di suono, soprattutto di sogno: emblematico che il disco si apra e si chiuda con due brevi intermezzi da luna-park, quasi a voler ricreare proprio quell’atmosfera di magico divertimento, in cui i sogni sono ancora a portata di mano.
Forte anche di un manipolo di amici americani, il gruppo guarda a quell’America con più sicurezza, ma sempre con un debito da pagare, con un senso di sudditanza, quasi di imitazione, che ancora ne limita la personalità: è come se i Miami & The Groovers suonassero per assomigliare ai loro eroi, per ributtare fuori quelle emozioni che tanti rockers statunitensi hanno instillato nella loro anima.
Il disco infatti è apprezzabile, ma manca di personalità e non a caso le tracce più riuscite sono quelle a cui partecipano Bill Toms e Joel Guzman (rispettivamente dobro e fisarmonica in “My sweet rose”), Ron Lasalle (voce in “Time has come”) e Jono Manson (vocals in “Trust revisited”). Per il resto la scaletta procede dignitosamente, con tanta passione ma ancora con i soliti difetti di pronuncia vocale e con pezzi che non riescono ad affermare un’autorità propria (cosa per esempio di cui sono invece capaci i Cheap Wine).
Più che a Springsteen qua ci si vorrebbe avvicinare a Warren Zevon o ai Del Fuegos (di questi ultimi è ripresa “Night on the town”) come a tanti altri losers a loro volta innamorati perdutamente dei propri idoli. Il limite dei Miami & The Groovers sta proprio in questa passione totale che è anche il loro maggior pregio: se ne fanno assorbire al punto da suonare sinceri ma anche al punto da dipenderne in maniera a tratti pedissequa.
In questo loro secondo disco trovate tutte le sfumature del genere dal roots acustico, all’afflato soul passando per la cavalcata più hard di “Sliding doors” e per quel heartland rock di cui pulsano la maggior parte dei loro pezzi.
È “solo” da vedere se i Miami vogliano rimanere prigionieri dei loro sogni o provare a realizzarli in prima persona.