Mezzafemmina Storie a bassa audience
2011 - Contro Records/New Model Label
Ma questo è un disco musicale, in cui si sono musicati dei testi e si è tentato di cantarli con risultati poco positivi. La prima cosa che non va riguarda la voce: Mezzafemmina non canta, urla le sue storie (qualcuno potrebbe dire che lo fa perché ha scritto delle canzoni denuncia), ed ha una voce poco gradevole all’ascolto soprattutto quando si cimenta con le note basse. Esempio lampante di tali imperfezioni è Brace, in cui la voce di Mezzafemmina è messa a confronto con quella di Elena Diana dei Perturbazione che compare in questo brano.
Anche la scrittura resa canzone non suona sempre bene: molti, troppi sono i casi in cui gli accenti delle parole risultano errati. E così alberi diventa albèri (Articolo 1), luce diventa lucé (Le prigioni del 2000), sentirsi diventa sèntirsi (Insanity show), compagno diventa compagnò, facile facìle (Giochi da grandi). Che una caratteristica di Max Pezzali abbia fatto scuola?
Quando ci si trova tra le mani dischi del genere, prodotti da una casa discografica e con una produzione artistica che farebbe presagire al meglio (in questo caso Storie a bassa audience porta la firma, tra gli altri, di Cristiano Lo Mele dei Perturbazione), non si possono non fare certe riflessioni. In primis esistono dischi oggettivamente brutti? Perché molti cosiddetti cantautori non hanno senso dell’autocritica? Perché sembra che tutti si sentano obbligati ad incidere un disco quando non si hanno le doti e spesso la maturità per farne uno?
Non si consiglia di non ascoltare Storie a bassa audience, anzi. Ascoltatelo e magari troverete risposta a tali ed altri quesiti.