Caetano Veloso Cê
2006 - Universal
Questo nonostante Caetano abbia filtrato in passato coi Beatles come coi Rolling Stones, con Bob Dylan come coi Nirvana, tanto per dirne alcuni. Le sue esplorazioni in campo rock hanno intaccato direttamente anche la sua musica, solo che questa consiste di una discografia talmente ampia che alcuni se ne dimenticano: basti ricordare tra gli episodi più recenti “Rock’n’Raul” oppure alcuni passaggi dell’album con Jorge Mautner piuttosto che le significative cover di “A foreign sound”. In ogni caso però si è trattato di sperimentazioni, portate avanti sin dagli esordi inseguendo il proprio spirito di ricerca artistico.
“Cê” è invece un disco interamente rock: la strumentazione è composta di basso, batteria e chitarra, con l’aggiunta di un piano Rhodes e della produzione affidata al figlio Moreno e a Pedro Sa.
Il suono è ruvido e scarno: non si pensi ad un disco di matrice anglo-americana, ma piuttosto ad una materia grezza scolpita con un inedito lavoro di cesello. Le canzoni arrivano più aspre e concrete di quanto Veloso ci abbia abituato: la samba, la saudade, l’MPB e l’avanguardia sono protuberanze minime in un blocco rappreso su sé stesso.
In occasione dell’uscita del disco Caetano ha scritto una lettera (altro che le solite cartelle stampa!) in cui racconta la genesi del nuovo album e dei motivi che lo spingono a suonare con musicisti di venti / trent’anni. La sua necessità di trovare nuovi stimoli e di sviluppare una creatività che ha già dato risultati storici è ammirabile. È inutile attribuire i motivi di un tale cambiamento alla sofferenza del recente divorzio: le radici di questa mutazione stanno tutte nel DNA del soggetto.
Da sempre ad ogni disco il sangue di Veloso si coagula in maniera diversa, solo che stavolta si è rassodato come mai gli era successo: “Outro” e “Rocks” sono tese come non pensavamo potessero le canzoni di questo nobile maestro, qua capace di graffiare con scale rock (“Odeio”) che arrivano a far fischiare le chitarre (“Homem”).
“Cê” è la contrazione della parola “Você” e del nome dell’autore, quasi che Caetano avesse voluto rassodare sé stesso e le proprie canzoni riconoscendosi alla fine “desconfiado e estridente”. Anche le ballate suonano in questo modo, soprattutto la splendida “Minhas lágrimas” (ci voleva un brasiliano per cantare la desolazione californiana!) e poi “Deusa Urbana” e “Não me arrependo”, pezzi romantici solo in apparenza.
Veloso arriva a cantare esplicitamente anche di questioni corporee (maternità, mestruazioni, orgasmi, peluria) rendendo così il tutto ancora più fisico.
Ormai è sotto gli occhi di tutti che la sua “musa ibrida” non lo abbandonerà mai.