Bob Egan The glorious decline
2006 - Club De Musique
Impalcatura stilistica tradizionale quindi, principalmente di stampo folk, sulla quale viene innestata un’idea estetica di arrangiamento che sembra vicina al miglior Daniel Lanois (anche se con minor originalità).
Mandolini, steel guitars, percussioni, contrabbasso, arricchiscono lo spettro sonoro di queste ballate, mentre i testi raccontano le classiche storie da beautiful loser, con qualche luogo comune di troppo.
Questo non sminuisce comunque la forte carica emotiva delle canzoni, che hanno la genuinità e spontaneità (doti che sono mancate, ad esempio, all’ultimo Cale/Clapton, a suo modo, come questo, un disco “d’atmosfera”) necessarie a comunicare davvero con l’ascoltatore, che difficilmente potrà restare deluso da un disco di tale onestà.
Gli arrangiamenti molto curati e le code strumentali (principalmente affidate al pianoforte di Vanessa Yundt) di “In an airport bar on Christmas day” e “Spalding’s lament” (forse i brani manifesto dell’intero disco) lasciano spazio talvolta ad atmosfere più folk, come in “Montreal”, oppure ad arrangiamenti più jazzati come in “Pleasantville bar”; ecco dunque che un altro punto di riferimento si può trovare nelle sonorità di Joe Henry, anche se non si può pretendere, da una produzione fondamentalmente indipendente, lo stesso livello di perfezione sonora riscontrato negli ultimi dischi del cognato della signora Ciccone.
Il disco mantiene inalterato lo standard qualitativo sino alla fine, senza cadute di stile, ma anzi con due ottimi brani di chiusura: “Drifting too far from the shore”, molto tex-mex, e la crepuscolare “Crawling back to you”.
Un disco onesto, come si è detto, per di più ben suonato e ottimamente arrangiato, la cui dote principale consiste comunque nel saper arrivare dritto alla sfera emotiva dell’ascoltatore, comunicando con una sincerità espressiva davvero apprezzabile.
Forse Bob Egan non ci promette molto. Ma possiamo essere sicuri che manterrà sino all’ultima parola.
Dargli una chance è consigliato.