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2016 - Gas Vintage Records
In realtà Aldo D’Orrico ha già una lunga storia musicale alle spalle con il gruppo Miss Fraulein, tre dischi all’attivo di solido rock, fino alla scoperta con relativo colpo di fulmine per il bluegrass e alla fondazione nel 2008 con Mario D’Orrico, dei Muleskinner boys con cui porta in giro il suo genere preferito.
Con questo nuovo disco, poco più di 30 minuti con dieci brani tra cui due traditional ed una cover di un famoso brano di Bob Dylan, l’artista allarga ulteriormente gli orizzonti proponendo una miscela di alt-folk, alt-country, con venature di blues e profumi di old time music, il tutto prevalentemente acustico e con una strumentazione minimale, un lavoro che trasuda amore e passione per la grande tradizione musicale americana, in cui la sua voce graffiante ed acuta si cala perfettamente.
Ad accompagnare Aldo D’Orrico, che suona la chitarra acustica , il banjo e il mandolino, ci sono dei bravi musicisti e, grazie anche a questi professionisti, un sempre più bravo Alessandro Valle, storico collaboratore di Francesco De Gregori, alla pedal steel e al mandolino, Sante Rutigliano al basso, Andrea Ruggiero al violino e Leo Pari all’organo Hammond e al piano Wurlitzer, D’Orrico confeziona un disco che, attraverso brani acustici e strumentazione minimale, è in grado di creare una grande e calda atmosfera che sa di cose buone, di grandi spazi, di natura incontaminata.
Con l’iniziale The sheperd’s walk, delizioso folk blues, ci si immerge subito in quelle che saranno le atmosfere e il “mood” di tutto il lavoro, un grande Alessandro Valle alla pedal steel arricchisce il brano successivo, Golden (or life on your own), mentre Mist è forse il pezzo più “ricco” musicalmente, dove fa la comparsa anche un organo Hammond che fa da tappeto ai ricami degli strumenti acustici.
I due traditional sono il breve strumentale Salt creek, tra bluegrass e old-time e Working on building che con la sofferta voce di Aldo D’Orrico e banjo e violino in primo piano, vira decisamente verso atmosfere gospel ed è sicuramente uno dei momenti più riusciti del disco, mentre la cover di Girl from the North Country, il grande brano di Bob Dylan del 1963 da The Freewheelin’ Bob Dylan, e poi ripresa in duetto con Johnny Cash su Nashville skyline, non convince del tutto.
Vanno segnalati anche Really cares about, semplice, immediata e deliziosa ballata giocata su banjo e il piano Wurlitzer, forse il punto più alto del lavoro, e The hunter’s prayer, gioiello acustico, che conclude degnamente il disco.
Niente di particolarmente nuovo alla luce del sole, ma un buon disco che convince e che piacerà agli appassionati del genere, da un artista che è da annoverare tra i migliori di una crescente, e direi sempre più sorprendente “scena” italiana, che rimane anche tra le migliori in Europa e che, in non pochi casi, non sfigura al confronto di artisti e gruppi di origine anglosassone e americana.