Abbey sings abbey<small></small>
• Country, Jazz

Abbey Lincoln Abbey sings abbey

2007 - Verve Records

21/12/2007 di Christian Verzeletti

#Abbey Lincoln #Country #Jazz

Non bastassero i “greatest hits”, i “best of” e ristampe varie a propinarci canzoni note e stranote, negli ultimi tempi ci si sono messi pure gli artisti in prima persona a pubblicare “nuove” versioni di brani già editi.
Tra musicisti che rifanno i propri cavalli di battaglia al piano o in acustico, spesso recuperando un songbook che è garanzia di vendite, è tutto un rifare sé stessi, un riproporre sempre la stessa musica.
In mezzo a questo mare sempre più magnum, qualcuno da salvare per fortuna c’è: è il caso di Abbey Lincoln, jazz singer di 77 anni che quest’anno ha pubblicato “Abbey sings Abbey”. Il disco è una raccolta dei migliori brani usciti per la Verve, il che vuol dire da circa quindici anni a questa parte.
Risuonate e reincise con una signora band (Larry Campbell, Scott Colley, Shawn Pelton, Gil Goldstein, Dave Eggar), le canzoni indossano vestiti più country e folk, che del jazz mantengono comunque il portamento (tante spazzole, ma niente sax e niente piano). Merito soprattutto di quel maestro di chitarre che è Larry Campbell, qua impegnato con acustiche, elettriche e soprattutto con pedal steel e una National resofonica: ancora una volta il suo apporto è fondamentale nel recuperare del country-folk d’annata e nel creare un fondo blues ideale per una voce come quella della Lincoln.
Avendo alle spalle una carriera tutta black, che l’ha vista schierata anche nel movimento afro-americano per i diritti civili, questa signora interpreta sé stessa con la coscienza e l’autorità che le vengono dall’esperienza.
Le sue interpretazioni sono in bilico tra Billie Holiday e Madeleine Peyroux, ovvero tra passionalità e classe, il giusto equilibrio tra la disperazione della prima e la perfezione della seconda. A questo si aggiunga un tocco di romanticismo europeo, portato dall’accordion e dal violoncello, e si avrà un disco da ascoltare a tarda ora, meglio se di notte, magari in un club in una serata per pochi intimi.
Bastino per farsi un’idea “Throw it away”, capace di struggere come la migliore Mary Coughlan, e “And it´s supposed to be love”, con un tono più western tra gli echi della steel e il respiro della fisarmonica.
Si poteva evitare qualche lungaggine, ma anche i pezzi che più si protraggono riescono a rapire grazie ad una voce esemplare nello scandire la passione senza retorica alcuna.
La scaletta, variata da una “The music is the magic” più mossa e da una “The merry dancer” pizzicata a mo’ di rag, è chiusa da una incantevole “Being me”. Giusto per ribadire quanto il disco ruoti attorno ad un’identità vera.
Tra le più meritevoli di essere riscoperte nel gioco dei recuperi.

Track List

  • Blue Monk|
  • Throw It Away|
  • And It´s Supposed To Be Love|
  • Should´ve Been|
  • The World Is Falling Down|
  • Bird Alone|
  • Down Here Below|
  • The Music Is The Magic|
  • Learning How To Listen|
  • The Merry Dancer|
  • Love Has Gone Away|
  • Being Me