Zu

live report

Zu Zero Music Club - Azzano S. Paolo (bg)

04/03/2005 di Andrea Salvi

Concerto del 04/03/2005

#Zu

 ZU

04 marzo 2005
Zero Music Club di Azzano S. Paolo (BG) Cos'e' lo Zuismo? Mi ripeto questa domanda senza tregua mentre mi faccio largo nel locale, tre le facce più o meno conosciute degli habitué dello Zero.
Me lo chiedo mentre assisto all’esibizione dei Laramie, esordiente trio strumentale formato dai canonici basso chitarra batteria che ci intrattiene con uno stoner gustoso e potente, dove a farla da padrona è una ritmica ora solenne, ora più incline a geometrizzare lo sviluppo di brani dilatati che si dividono tra rock puro e psichedelia.
Me lo chiedo durante il lungo cambio palco, dove gli stessi ZU si dividono tra il montaggio dell’attrezzatura e un soundcheck improvvisato a scena aperta. Mi arrovello cercando un’improbabile risposta fino a che un pensiero sottile mi fa sorridere: l'ennesima serata del festival della canzonetta in rima baciata deve essere a quest’ora tarda già terminato. Ora, nel buio di un piccolo club, tutto può essere. Che non sia proprio questo il momento più adatto per trovarsi faccia a faccia con un gruppo come gli ZU, lontanissimo dalla canzone di massa ma perfettamente a proprio agio con quella musica ostica e sgradevole per definizione che è il noise jazz più efferato?
Senza troppi complimenti la tanto attesa lezione di Zuismo ha inizio, ed è esplicativo quanto spetti ad un brano come “Detonatore” aprire la performance sul palco. Se il gruppo adotta la classica configurazione del trio che vede un sax baritono, una batteria e un basso disposti in linea retta, meno consueta è l’attitudine dei musicisti, dove le rispettive capacità tecniche vengono svincolate da canoni di sorta in funzione di una libertà espressiva totale e selvaggia, ereditata dall’esperienza che fu dei loro predecessori Gronge.
Dietro a quelle che hanno tutta l'apparenza di improvvisazioni brillanti, lanciate in ritmi sghembi o verso una corsa forsennata e ipercinetica si celano precise strutture di derivazione hard core. È questa la formula che ha lanciato il gruppo romano nel circuito mondiale degli appassionati di un filone radicale ed affascinante, scalandone le vette e guadagnando i favori di personaggi quali fra gli altri John Zorn, Steve Albini e Eugene Chadbourne.
La musica scorre tribale eppure colta, evoca scenari preistorici e dall'altissimo tasso di fisicità. Un big bang che impressiona e rigenera al contempo, che trascina il pubblico in una catarsi da vivere immobili, lasciando che ogni singola vibrazione venga assorbita e metabolizzata.
Gli ZU sono un spettacolo per l’orecchio quanto per la vista, dove il soffio potente del sax di Luca Mai va a braccetto con la stazza di un personaggio imperturbabile, lo spilungone Jacopo Battaglia, vero e proprio camaleonte della ritmica, fa sfoggio di una camicia con inserti leopardati dannatamente invidiabile, mentre Massimo Pupillo suona scalzo un basso tagliente, preciso al millimetro.
L’esperienza scorre magmatica e iprontizzante al punto che, al termine, pur constatando sia trascorsa solamente un'ora, in realtà par essersi consumata una vita intera... quella stessa differenza che in fondo è facilmente ravvisabile tra la finzione videodivanpopolaresca che l'industria festivaliera ci spaccia come musica e il sudore di cui sono sature le pieghe della pelle, degli abiti, dell'aria intorno al palco che questa notte ha ospitato la dimostrazione pratica di cosa diavolo sia lo zuismo. Ora è tutto più chiaro, mi ripeto sorridendo da solo, e chissà quale espressione da ebete devono leggermi in faccia le persone che incrocio mentre guadagno l'uscita.